Ho scoperto di recente dell’esistenza di un’antica usanza giapponese chiamata tsukimi, letteralmente “guardare la luna”: un rito silenzioso e contemplativo, in cui ci si riunisce per osservare il plenilunio, riconoscendogli il potere di portare chiarezza su ciò che resta invisibile durante il giorno. Non è un caso se Pierluigi Pieretti ha scelto proprio la luna come stella guida del suo disco d’esordio. Under The Moonlight è un album che si affaccia sul mondo con delicatezza e determinazione, raccontando una storia di lentezza e rinascita, di ascolto e consapevolezza. Non c’è alcuna fretta nel modo in cui si dispiegano le sue melodie, nessun urlo nel modo in cui parla di dolore, perdita, amore e solitudine. In un’epoca in cui tutto corre, Pieretti ha scelto di restare, fermarsi, abitare la notte e i suoi riflessi, lasciando che fosse la musica – e non l’urgenza – a dettare il tempo.
Sei un classe ’83, arrivi dunque a questo disco con una certa maturità. In un’epoca che accelera tutto, come si coltiva la lentezza necessaria alla profondità?
Con molta serenità ed altrettanta consapevolezza nei propri mezzi. In un tempo in cui siamo quasi obbligati a correre, ad essere sempre al top e a raggiungere determinati obiettivi prima che lo facciano gli altri, ho aspettato il momento giusto prima di pubblicare il mio album d’esordio Under The Moonlight.
Cosa ti ha fatto dire: questo è il momento giusto per condividere un progetto discografico completo con il mondo là fuori?
Prima di condividere il mio progetto discografico completo, ho coscientemente scelto di svolgere il mio percorso artistico in maniera graduale, pubblicando il primo singolo nel 2022 (The Sea), un secondo brano nel 2023 (The Journey) ed altre due canzoni nel 2024 (La nostra canzone e Finally Free).
Il tuo progetto si chiama Under The Moonlight. La Luna piena mi rimanda al tema della solitudine: questo disco è anche per te un momento di riflessione interiore individuale?
Assolutamente. La solitudine è una componente fondamentale dell’esistenza individuale, guardarsi dentro è molto importante per imparare a conoscersi meglio, per scoprire nuovi lati della propria personalità e per analizzare gli errori commessi nel quotidiano, in modo da non compierli più e da riuscire a diventare persone migliori, non solo per noi stessi, ma soprattutto per le persone che amiamo di più.
A tal proposito è molto suggestiva la scelta dell’artwork di copertina, che ti ritrae su un pianoforte di spalle di fronte al mare e alla luna che si riflette sulle onde. Raccontaci come sei arrivato a visualizzare la tua musica in quel modo.
Ho pensato ad alcuni degli elementi che amo di più: la musica, il pianoforte, il mare ed ho fatto prevalere la mia anima romantica. Del mare mi ha sempre affascinato l’immensità ed il suo senso di Infinito, che si percepisce particolarmente quando sembra fondersi insieme al cielo in un’unica entità. Questa fusione tra mare e cielo è suggestiva soprattutto di notte, sotto la luce della luna piena, e l’immagine di me che suono di fronte al mare e alla luna che si riflette sulle onde è molto poetica e al riguardo mi ha fatto pensare anche al meraviglioso film La leggenda del pianista sull’oceano.
Il disco si apre con The Sea, un momento musicale pianistico che si arricchisce di archi su uno sfondo di onde. De André diceva che il mare può rappresentare un ponte di connessione tra i continenti ma anche un elemento che protegge perché separa. Che ruolo ha per te?
Sono pienamente d’accordo con il Maestro De André, il mare è un elemento che unisce popoli differenti e culture diverse e funge da protezione personale: il mare aiuta a farti sentire davvero te stesso, senza vincoli e limiti. Il mare è l’infinito, ma trasmette anche Pace, Serenità e soprattutto Libertà.
Puoi raccontarmi da cosa nasce la scelta del bilinguismo? Quando ti approcci alla scrittura di un brano, ad esempio, l’istinto è di farlo in italiano o in inglese?
Ho sempre amato entrambe le lingue e all’inizio prediligevo cantare e scrivere in inglese, ora però amo ancora di più cantare in italiano e, di conseguenza, comporre i brani nella mia lingua madre. Ad ogni modo, amo comunicare in inglese e, avendo viaggiato molto all’estero, l’inglese lo ritengo naturalmente fondamentale per poter conversare con le persone tutte le volte in cui non ci troviamo, per qualsiasi ragione, in Italia.
Questo disco è agrodolce perché parla di dolore ma sempre con una certa energia positività e speranzosa. Hai mai avuto la sensazione che alcune ferite siano anche custodi di verità?
Certamente. Le ferite ti aiutano a crescere ed il dolore ti fortifica e ti apre gli occhi in merito a te stesso, al tuo rapporto con gli altri e con il mondo a noi circostante. Parafrasando una famosa frase tratta fallo splendido film Le Ali della Libertà, malgrado tutto “La Speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose e le cose buone non muoiono mai”.
A tal proposito, il brano Cocò parla di perdita. Quando si affrontano certi temi si ha il timore di non aver mai fatto abbastanza per un brano che è una dedica. Questo pezzo è nato in modo istintivo oppure ha subito lunghe revisioni? Puoi parlarmi dalla sua genesi artistica, e della scelta di una dedica non cantata nella coda del brano?
Per scrivere questo brano, dedicato alla memoria della mia cagnolina che mi ha donato amore incondizionato per ben diciasette anni, ci è voluto molto tempo ed è stato un processo inizialmente davvero doloroso, ma terapeutico man mano che procedevo alla creazione della traccia. La dedica non cantata alla fine della canzone rappresenta tutto il mio amore infinito per Cocò, che vive nella mia anima ma che mi manca in ogni istante e mi mancherà per sempre.
Love & Time è un esperimento che tende all’elettronica. Per certi versi mi ha ricordato A Moon Shaped Pool dei Radiohead. Poiché è l’unico episodio di questo tipo nel disco, mi chiedo se ci possiamo aspettare una contaminazione di questo tipo nei tuoi prossimi lavori.
Ti ringrazio davvero per questo splendido complimento, è un vero onore questo accostamento a dei mostri sacri come i Radiohead. Credo di si, ho sempre amato sperimentare vari generi musicali e contaminarli tra loro quindi reputo che, in futuro sicuramente ripeterò, anche se in maniera saltuaria, un esperimento musicale di questo tipo; ad ogni modo, i miei prossimi brani vi sorprenderanno totalmente.