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Anatomia sentimentale del Mi Ami Festival 2025

Nuova location, diciannovesima edizione ma simbolico anno zero. Meno fango, più spazio e una line up che ha saputo mescolare senza paura artisti distanti tra loro. Un festival che non cerca la perfezione, ma un’atmosfera autentica in cui tutti possano riconoscersi

È finita anche questa diciannovesima edizione del Mi Ami, il festival che ormai da anni apre la stagione estiva dei live. Impossibile non esserci — e chi se lo perde, un po’ rosica, complice quel pizzico di FOMO che ormai ci accompagna quotidianamente. Una nuova location per una diciannovesima edizione che si trasforma in una sorta di anno zero. Il Mi Ami è ormai maggiorenne e, per ricominciare davvero, aveva bisogno di una nuova casa. Un po’ come quando viviamo il passaggio dall’adolescenza all’età (semi) adulta, e una stanza di un metro per un metro con i poster attaccati con lo scotch e zero luce naturale non ci basta più.

L’Idroscalo ci ha fatto dimenticare il Circolo Magnolia? No. Ma gli spazi più ampi e una quantità ridotta di fango hanno permesso di godersi di più il festival. Carlo Pastore, direttore artistico del Mi Ami, ha saputo fare scelte artistiche giuste, in linea generale. Il festival ha accontentato tutti — e anche stupito — perché mettere nella stessa line-up Sayf, Noyz Narcos, Diodato, Joan Thiele, Pop X, Fast Animals and Slow Kids, Sangiovanni e i Fuckyourclique, per citare alcuni degli artisti che si sono esibiti nei due giorni del festival, è un atto di equilibrio non banale. E il pubblico sembra averlo capito.

Non tutto è perfetto, in questa diciannovesima edizione, ma il claim di quest’anno è “Tutto sarà perdonato”. Ripartire significa anche questo: fare, disfare, aggiustare quello che non è andato e migliorare quello che già funziona, ma potrebbe essere ancora meglio. Mi Ami non ha mai puntato sull’infallibilità, ma sull’atmosfera, la libertà, la possibilità di vedere nella stessa giornata live diversissimi tra loro, anche surreali per certi versi. Ha puntato sul desiderio del pubblico di trovare qualcosa che gli somiglia, perché le stesse persone che trovi sotto il palco di Diodato a fine serata, le ritrovi da Okgiorgio. Così come quelle che trovi dai Fuckyourclique la prima sera in chiusura, sono le stesse che ritrovi dagli Studio Murena, alla fine della seconda serata, sul palco Idealista.

Il Mi Ami è anche, forse soprattutto, questo: un festival che ci racconta che non dobbiamo vergognarci di ascoltare generi diversi. L’unica cosa che conta è godersi la musica. Il resto è solo rumore.

Foto: Paola Onorati (@paolanrt)

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