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Salmo a San Siro ha raggiunto il suo ultimo stadio evolutivo

È forse giunto il momento di ridefinire il significato della parola “evento”. Perché è evidente che il senso che gli attribuisce Facebook è un po’ fuorviante, soprattutto quando – con quel termine – tende a mettere sullo stesso piano la festa del mio compleanno e la Notte degli Oscar. Di una cosa però sono certa: il concerto di Salmo a San Siro della scorsa notte lo è stato davvero, un evento. Di quelli a cui si ha l’opportunità di assistere assai di rado. Uno di quelli lucenti ed esplosivi come una bomba ad orologeria. Bomba disinnescata per ben due anni (questo live è un recupero del 2020), ma che alla fine è detonata con fragore sotto gli occhi della Madonnina. Voi direte: ma a San Siro ormai ci suona chiunque. Io vi dico che non è così. Provate a fare mente locale: quanti rapper, di quelli con la R maiuscola, avete visto farci una data? Nessuno. Nessuno, tranne Salmo. Poco importa stabilire se abbia fatto o meno sold out, perché Salmo è qui, anche dopo aver rimandato ben due anni questo live, anche dopo aver fatto discutere tutti per le sue prese di posizione.

Lui è qui e si è portato sul palco una squadra (FrenetikMarco AzaraJacopo VolpeRiccardo PudduDade) e una serie di amici di tutto rispetto, da Lazza a Fedez, da Noyz Narcos a Blanco. La prima volta di Salmo a San Siro è una lunga notte di rap crudo, puro, curato in ogni dettaglio come da sempre ci ha abituati. Il rapper sardo mostra ancora una volta qual è il suo livello, qual è il suo discorso, qual è il suo stile interpretativo e di scrittura, con uno show pieno di potenza, energia e voglia di dimostrare dove si può arrivare quando hai determinazione, talento e contenuti da spendere. La scenografia è a piramide con Jacopo Volpe a due metri da terra, mentre più in basso un catwalk abbraccia il pit principale, quello dei fedelissimi. E poi ovviamente fiamme, geiser e uno shot finale di fuochi d’artificio, senza però mai dimenticarsi che il suo genere è quello, la sua rabbia è quella, la sua scrittura è quella con il pubblico che non si è sentito mai tradito, neanche per un istante. Il concerto è diviso in due blocchi: il primo più tirato e rock, che inizia con 90MIN seguita da Stai zitto e Antipatico, mentre il secondo più dance.

Per questa seconda parte nessun musicista ma una Cadillac Fleetwood – lo stesso modello di auto utilizzato per la copertina del vinile di FLOP – a fare da base per la consolle. Lui ricompare sul palco nelle vesti del suo alter ego, Dj Treeplo, per trasformare San Siro in una grande festa del rap (quel tipo di rap) made in italy: prima WOAW, poi MARYLEAN con Nitro, Aldo ritmo, Kumite e La canzone nostra con Blanco. Insomma, alla fine abbiamo avuto da Salmo esattamente quello che ci aspettavamo e cioè la voglia di farci arrivare forte e chiaro un messaggio non detto ma sottinteso: io sono qui, sono Salmo, sono un rapper, sono il più forte, ce l’ho fatta e voi potete dire quello che volete. Lui che ieri sera, di fronte ai 50mila di San Siro, ha ucciso il mostro finale per raggiungere il suo ultimo stadio evolutivo.