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I Meduza ritornano a casa

Il gruppo house italiano più importante al mondo si racconta in questa lunga intervista e rispondono a David Guetta.

Dopo aver scalato le charts globali con oltre quindici miliardi (avete letto bene: m-i-l-i-a-r-d-i) di stream totali, 20 milioni di ascoltatori mensili su Spotify, diverse collaborazioni e residency tra Ibiza, Miami e Las Vegas, i Meduza sono – insieme ai Måneskin – l’export musicale italiano di maggiore successo nel mondo. Li incontro nella loro Milano a poche ore dall’annuncio del ritorno live in Italia con un live show 3D al Fabrique. Che si tratti di chiudersi in studio o mettersi dietro una console, i Meduza Simone Giani, Luca De Gregorio e Mattia Vitale – non danno niente per scontato, lavorano sodo e cercano di alzare costantemente l’asticella. Questa mentalità è frutto di un background che gli ha permesso di dare una spina dorsale al loro progetto. «Il nostro background è stato più che fondamentale», mi racconta Luca. «Mio padre cantava, componeva e questi momenti hanno costituito la fetta più grande della mia infanzia. Senza di questo, il progetto Meduza molto probabilmente non esisterebbe. Poi durante la mia adolescenza, la passione per la musica non ha fatto altro che aumentare. Avevo voglia di scoprire e capire come si producesse e si creasse una hit per le radio. Tutto quello che abbiamo sbagliato, soprattutto quello che è andato male, ci è stato d’aiuto».

Simone si ritrova precisamente in queste parole: «Il percorso accademico ci ha trasmesso il coraggio di sbagliare e rialzarci ogni volta. In tanti pensano che il DJ è il solito sballato. Nella realtà ci vuole una autodisciplina non da poco. Quando devi fare venti show in un mese e ne hai uno a Parigi, poi a Miami oppure in Brasile, se non mantieni un po’ di autodisciplina non duri nemmeno una settimana. La nostra formazione ci ha permesso di interiorizzare la grammatica musicale e tante nozioni di cui facciamo tesoro ogni giorno, anche dal punto di vista degli show e dal punto di vista prettamente compositivo. Se stessimo vivendo la nostra vita senza aver fatto alcun tipo di gavetta, saremmo rovinati». I primi passi nel music business, però, sono stati percorsi a Londra, un polo socio-culturale e artistico di vitale importanza. «Londra ha uno dei mercati musicali più aperti a livello di sonorità e sperimentazione. Ci ha permesso di ritagliarci uno spazio per cimentarci anche al di fuori del solito canonico pop, rock o R&B. Ci ha dato quella spinta in più per provarci. Siamo cresciuti tutti e tre ascoltando l’house su BBC Radio, quindi eravamo già consci del mondo con cui ci saremmo confrontati».

Gli chiedo se in un mondo affamato e plasmato dai numeri e dai report, è veramente possibile svincolarsi da questa logica. È importante, non lo negano, ma «la cosa positiva è che non si tratta del focus da cui noi partiamo ogni mattina. È fantastico avere venti milioni di persone che ci ascoltano ogni mese, ma è solo uno stimolo». Mattia mi parla della loro etica del lavoro e mi parla anche della pressione lavorativa che sentono –  e che indubbiamente c’è – ma lo fa con una serenità che vorrei poter assorbire a mia volta. «Ogni volta che entriamo in studio dobbiamo dare il duecento per cento di noi stessi. Più i numeri sono alti, più la gente si aspetta qualcosa di extra». Ed è per questo che in cantiere c’e una potenziale hit radiofonica ancora top secret. L’ultima uscita del trio è una collaborazione – s’intitola Pegasus – con il duo femminile Eli & Fur. «Nel mercato sovranazionale ci sono veramente tantissime DJ e producers donna. Noi guardiamo più l’idea, non ci interessa da chi arrivi. Se troviamo qualcosa di interessante, di conseguenza lo sviluppiamo. Se dobbiamo pensare a dei nomi forti italiano, ti diciamo sicuramente Giolì & Assia, che troviamo in molti dei festival in cui suoniamo. Poi c’è Deborah de Luca che nella techno è molto grossa. Credo che non ci siano dei limiti imposti dal mercato, è semplicemente una questione di idee».

Con questo spirito, i Meduza porteranno il loro 3D ODIZZEA anche in Italia: un grandissimo spettacolo che sarà composto dai loro maggiori successi. «Stiamo rilavorando completamente i live a livello musicale e di visual, con l’intento di realizzare uno show 2.0. Sarà un processo un po’ lungo ed è per questo che la data di fatto è stato fissata ad ottobre. Ogni volta che portiamo uno show grosso da headliner, piuttosto che in una residency, c’è chi cura i visual, chi si occupa degli effetti luminosi e così via. La gente che viene a vedere un live dei Meduza deve pensare che non ci sia solo Piece Of Your Heart». Prima di salutarci, gli chiedo come si collochino rispetto al dibattito globale sull’uso dell’intelligenza artificiale nella musica. In un’intervista con BBC Music, David Guetta ne ha parlato definendola il futuro della musica, in particolare dopo aver replicato bonariamente la voce di Eminem durante uno dei suoi live. Loro hanno le idee chiare: «Tra dieci anni non avremo delle canzoni prodotte esclusivamente dall’intelligenza artificiale, questo è certo. Le emozioni non si imparano leggendo dei contenuti sul web. Può essere utile per moltissime cose, per avere degli spunti o per mancanza di informazione. Quindi, crediamo che ci semplificherà la vita, ma il tocco umano rimarrà insostituibile».

«Quando facciamo delle sessions con dei songwriters, mentre strimpellano sul divano, si sentono a loro agio e cantano con un mood diverso. Quando entrano in studio per registrare e sanno che devono fare il take ufficiale della canzone, diventano molto impostati. Noi li freghiamo sempre usando quello in cui cantano normalmente, perché c’è molta più espressività. L’intelligenza artificiale non ti darà mai tutto questo. Tu che racconti una storia in una canzone e vuoi arrivare all’anima di una persona, non puoi chiedere l’aiuto di qualcosa di artificioso». Gli racconto di quanto sia facile perdermi negli outtakes dei dischi o nelle demo versions. «Quando è morto Michael Jackson, sono stati rilasciati numerosi take delle sue registrazioni ed erano meravigliose. Una volta che hanno deciso di rilasciare gli album completamente rilavorati in studio, quella magia si è persa». I Meduza, invece, lottano affinché quella magia rimanga, perché un lavoro artigianale avrà sempre un sapore e un valore diverso. Un valore aggiunto che tre italiani sono riusciti ad esportare ben oltre lo Stivale.