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Ministri: «Non servono slogan ma canzoni importanti»

Ho sempre creduto che l’età fosse fondamentale per la maturità di un individuo, le esperienze formano il carattere e ci permettono di porci di fronte al futuro in maniera propositiva ed innovativa. Credo di poter affermare con certezza che questo ragionamento si possa sposare perfettamente con la carriera dei Ministri. Dopo aver ascoltato Fidatevi ho capito che la band che ha accompagnato la mia giovinezza in ogni momento, oltre che a fare tanto rumore, ha tanto ancora da dire, ora più che mai. L’album è maturo, parla di amore, di fede, di guerra, ma soprattutto di fiducia, quella cosa che tanto cerchiamo, ma che allo stesso tempo temiamo enormemente. «Fidatevi è un disco che fuori manifesta questo squalo che emerge e che sembra voglia divorarci, creando un ossimoro con il titolo – mi spiega Davide (da questo momento Divi) – Come ci si fa a fidare di una cosa così feroce? In realtà questo è un disco molto consapevole, che sposta per la prima volta l’attenzione sui Ministri che hanno ormai raggiunto un’età diversa, non essendo più ragazzini».

È quindi un disco che va ascoltato attentamente?
Noi vogliamo che la gente si fermi un attimo sulle parole e sul significato che hanno, e non è una cosa semplice oggi. Fidatevi è un disco feroce che va studiato per capire veramente questa nostra nuova maturità che vuole semplicemente dire: «Hey, noi siamo i Ministri, abbiamo trentacinque anni, non siamo più dei ragazzini, non dobbiamo urlare per forza degli slogan, ma vogliamo scrivere cose importanti».

Per promuovere questo disco avete scelto di comunicare con i fan attraverso le newsletter. Questa scelta è arrivata in seguito alla pubblicazione della foto con Emma Marrone?
La foto con Emma Marrone è stata una provocazione, poiché nel momento in cui abbiamo partorito l’idea del fidarsi volevamo sondare fin da subito il terreno (ride). Quello che abbiamo capito è che i nostri fan, che sono dei rockettari nudi e crudi, abbracciano forse un estremismo. A noi non piacciono mai gli estremismi, perché la possibilità di fare qualcosa con Emma non è detto che sia fallimentare a priori, si tratta sempre di un’artista e di musica. La cosa che non ci è piaciuta è quindi questa attitudine di ferire e dire quello che si vuole attraverso i social e le identità velate, e onestamente non ci interessa stare in questa vetrina. I social sono uno stadio dove volano troppe parolacce, bottiglie e schifi, noi vogliamo coltivare un rapporto più diretto. Se la rete è un enorme stagno dove le bestie vanno a bere quello che gli buttano dentro, noi vogliamo dare da bere solo quello che decidiamo noi.

Ministri, foto di Chiara Mirelli

Sono d’accordo. Un estremismo che purtroppo in Italia abbraccia non solo la musica ma anche lo sport e la politica. Cosa pensate della guerra elettorale di questi ultime settimane?
Alla gente probabilmente manca la vera guerra. Bisognerebbe soffermarsi un attimo e capire che ciò che abbiamo non è così scontato. Come ha detto Mattarella nel suo discorso di capodanno, noi siamo le prime generazioni che vivono all’interno della pace e del benessere. Il problema è che oggi questo benessere viene ridimensionato, attraverso la grande menzogna che ci viene propinata del tutto è bellissimo e tutto si risolverà. Ormai la balla è sempre più grande e mi chiedo come i nostri politici riescano con spensieratezza e serenità a chiederci ancora fiducia. Forse la guerra è davvero una cosa che andrebbe presa in considerazione, ma non per farne una, bensì per capire quanto era precario quello che avevamo una volta.

Tra i pezzi che più mi hanno colpito c’è Un dio da scegliere e Spettri. Quale è quindi la vostra idea di fede?
È un altro aspetto del rapporto di fiducia, ma questa volta con un’entità superiore. La cosa su cui personalmente mi interrogavo quando ho composto Un dio da scegliere (“Cos’hai da ridere/Cos’hai da vivere?/È credere di credere/È un dio da scegliere” canta il Divi nel ritornello ndr.) era la mia riluttanza nel vedere questi fenomeni di esercizio del credere. Nel periodo in cui l’individualismo ha preso il sopravvento nei confronti della collettività, c’è questa nuova moda di rivolgersi ad un’entità spirituale, come il trovarsi a praticare il Buddhismo. Praticare aggregative che si fondano sulla spiritualità, mentre i rapporti tra gli esseri umani sono sempre più aridi. Si perdono i valori umani, ma si acquistano quelli spirituali, non capisco! Attraverso la fede dovremmo trovare una spiegazione a questo problema, unendo in armonia tutti gli individui, invece avviene tutto l’opposto.

Anche in questo album proponete un videoclip (Tra le vite degli altri ndr.) che racconta culture diverse da quella italiana come in Io sono fatto di neve di Cultura generale. È una cosa a cui tenete molto?
In questo disco c’è una buona dose di caso, non è stato tutto calcolato. In questo caso, dopo aver deciso di far uscire come singolo Tra le vite degli altri, avevamo bisogno di un videomaker che girasse il videoclip. Abbiamo pensato quindi ai nomi di Martina Pastori e Anna Adamo, che in quel periodo stavano partendo per un viaggio in Bulgaria e, dato che amavano la canzone e avevano capito perfettamente cosa volevamo comunicare, ci hanno detto Fidatevi (ride) e hanno creato il videoclip. Non è un video che vuole trattare la questione del post-sovietismo bulgaro, ma racconta la storia di due amici e del loro modo di vivere sopra gli schemi e del loro orgoglio nel vivere una vita diversa. La bulgaria è la loro terra, ed è giusto che la celebrino, anche con il diritto di sbagliare, sentendosi precari nel momento in cui hai tutti gli occhi addosso.

Ministri, Foto di Chiara Mirelli

Tienimi che ci perdiamo e Mentre fa giorno sono vere e proprie canzoni d’amore esplicite, una novità o semplicemente un bisogno di ogni artista?
Per capire meglio le logiche della collettività bisogna capire prima le logiche degli individui. In questo senso Tienimi che ci perdiamo è totalmente una canzone d’amore, un’invocazione affinchè non cessi il rapporto di fiducia tra due persone. È una canzone trattata anche con sonorità tipiche delle canzoni d’amore. I Ministri non devono portare sempre tutto per forza al rock & roll, questo pezzo chiedeva di essere svolta in una maniera più leggera, e quello che è venuto fuori è davvero un pezzo potente ed onesto.

Vi sentite di aver azzardato con questo album dal punto di vista delle sonorità?
Il nostro motto fidatevi è rivolto principalmente all’esterno. Stiamo chiedendo ai nostri fan di rispettare la nostra storia e le nostre scelte musicali, ma ogni disco deve avere qualcosa di nuovo e di sperimentale, sennò ci si cristallizza su una forma. In questo senso noi siamo fieri delle nostre scelte e il volere stupire non ci spaventa, anzi è un azzardo che ci prendiamo volentieri anche se la gente non capirà. Ci sono tante cose che i nostri fan non hanno capito di noi in passato, ma non credo che ciò abbia mai cambiato la loro idea che hanno dei Ministri. Noi siamo musicisti, là fuori ci sono medici che salvano la gente. Noi scriviamo solo canzoni.