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Lenny Kravitz, la magia del rock made in USA

Quando iniziò alla fine degli anni ottanta, Lenny Kravitz era solamente il belloccio del rock. Oggi – a distanza di trant’anni dal suo esordio – Kravitz si è trasformato da belloccio a leggenda indiscussa del rock made in USA; la conferma ieri sera Barolo di fronte ad una Piazza Colbert stracolma.

Occhiali neri impenetrabili coperti dagli ormai iconici dreadlocks: l’apertura è affidata alla celeberrima Fly Away (Let’s go and see the stars / The milky way or even mars / Where it could just be ours), cantata da Lenny posizionato in piedi sul fondo del palco, quasi come un’immagine sacra. Una presenza scenica (la sua) imponente ed una consapevolezza del suo fascino che non lascia però spazio ad ammiccamenti eccessivi: siamo di fronte ad un artista che vuole suonare e cantare dando il meglio (e ci riesce alla grande).

Lo show è un susseguirsi di hit: Dig In, Bring It On e American Woman, quest’ultima machata con Get Up Stand Up di Bob Marley. Con It Ain’t Over ‘Til It’s Over – che arriva dopo Low (il brano che racchiude il campionamento della voce di Michael Jackson) – le radici rock e soul vengono fuori. In scaletta c’è spazio per tutti i successi storici: Can’t Get You Off My Mind, I Belong To You, Always On The Run, Where Are We Runnin’? ed ovviamente Again, uno dei brani più amati (e coverizzati) in assoluto.

Durante le oltre due ore di esibizione la sua voce non ha mai un’esitazione, il tappeto di chitarre rock è perfetto e negli anni è anche migliorato il rapporto empatico col pubblico, che non era esattamente il punto di forza delle sue esibizioni. La celebrazione rock continua con I’ll Be Waiting prima dei due bis: Let Love Rule e Are You Gonna Go My Way? (“But what I really want to know is / Are you gonna go my way? / And I got to got to know”, canta). Sul palco Kravitz ci mette l’anima e il cuore, ma anche tutti i trucchi del mestiere e il live che ha chiuso l’edizione 2018 del Collisioni Festival ne è stata la prova. Long live rock & roll.