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Myss Keta: «L’hating online andrebbe debellato»

La cover del secondo (difficile) disco di Myss Keta, Paprika, la vede raffigurata seduta su una mortadella. Una citazione dell’immagine di Valeria Marini utilizzata per il film Bambola di Bigas Luna. Remember? «Si sa che io amo gli affettati», afferma ironicamente Myss Keta durante la presentazione dell’album organizzata in una gastronomia nei pressi di Porta Venezia. «La chiave di lettura che do alla copertina, a parte il film in questione, è che io volevo mostrare una Myss Keta potente e consapevole del proprio corpo. Un’immagine forte, ma prendendomi in giro. Sto riflettendo sulla potenza che comunica il corpo femminile, una potenza generatrice».

Dall’esegesi della copertina si arriva a sviscerare l’interno del disco: «Battere il ferro è perfetta per dare una chiave di lettura all’album. È una canzone aggressiva, rap old school, anche come contenuti. L’album precedente guardava dentro di noi (il suo gruppo di lavoro ndr.), Paprika invece esprime l’esigenza di guardare all’esterno, anche come sonorità e ritmi: esprime la ricerca di dialogo con altre persone, come per esempio i featuring. Sono presenti sonorità più aperte. L’R&B si fonde con il rap vecchia scuola. Anche gli ospiti maschili alla fine un po’ fanno il verso ai duetti uomo-donna tipici di questo genere».

A proposito degli ospiti, ce ne sono molti e di diversa natura: «Hanno aggiunto molto a questo lavoro, soprattutto con il confronto fra tecniche diverse. Più vedi cose diverse, più ti arricchisci. Nel prossimo canterò lirico (ride)», dice. «Ho voluto esplorare. È stato bello lavorare su questo disco. Wayne (Dark Polo Gang ndr.) è stato il primo che ha rappato sulla nostra base. Da lì è iniziata tutta la questione degli ospiti. Cantare con Elodie e Joan ad esempio è stato bellissimo. Con questo album c’è una maturità che non c’era prima. Anche il trattare le parti musicale in maniera artisticamente più alta aiuta».

https://www.youtube.com/watch?v=kMcd_QwRLMk

Non solo lei, anche il suo pubblico è cambiato nei mesi: «All’inizio ero molto selvatica e dovevo imparare molto. Non so se il pubblico sia cambiato, so che con Pazzeska il riscontro c’è stato. Il percepito di Myss Keta è più in alto, e questo significa che qualcosa di forte c’è sotto».  Ed inevitabilmente si finisce a parlare di generi musicali: «Io non faccio differenze fra generi. Per esempio, il lavoro di Achille Lauro: è figo e geniale ed ha avuto un impatto forte perché lui è forte. Questo ha scatenato un bel colpo. Io sono favorevole a queste aperture e mix di influenze».

È ormai chiaro che Myss Keta è una donna eccessiva, ma è anche chiaro che l’eccesso ormai è parte integrante del sistema musicale: «Il pogetto Myss Keta è nato per e con l’eccesso. Myss è eccessiva. È portatrice di un’ironia e prorompenza che non potrebbe essere altrimenti. Anche nel privato sono così: tutto o niente. È la modalità con cui Myss Keta si presenta al mondo. Non è un obiettivo quello dello shock artificioso, ma è così che sono».

Ma il tempo passa ed oggi Myss Keta sembra più seria e meno ironica di un tempo: «Non credo che l’ironia e la sincerità siano sentieri distinti. Oggi sono più seria perché le domande mi fanno riflette sul mio progetto. E comunque sono sempre ironica, guarda come sono vestita (total red, latex e un copricapo che sembra più un burka ndr.)», risponde la bad girl del rap italiano e aggiunge: «La cosa che auspico è che chi prima leggeva solo l’ironia del progetto Myss Keta ora veda che siamo comunque anche seri. Anche dietro i progetti ironici c’è sforzo e coordinamento di tante persone. Certo, il linguaggio è di un certo tipo, ma prendo sul serio il lavoro di tutti».

Sull’argomento haters Myss Keta non ha dubbi: «Io non cerco lo scontro, lo shock. Io cerco il dialogo, l’amore. Non mi piace leggere i commenti di basso livello degli haters. Andrebbe debellato l’hating non costruttivo. Il mondo ha bisogno di unione e amore, non di odio inutile. Sono contenta se la mia musica fa discutere, non sono contenta delle critiche futili. Ma piano, piano i messaggi positivi arrivano. L’amore che ricevo ogni giorno mi riempie il cuore».

Alla bionda che abbonda (come si definisce nel brano Una donna che conta) è inevitabile domandare come vive il fatto che la scena rap non considera più di tanto le donne: «Si chiama patriarcato», risponde decisa. «Siamo nel 2019 ma viviamo in un mondo con riferimenti culturali maschili. Al mondo maschile è stata data molta possibilità di parlare anche a nome delle donne. Invece, perché le donne possono parlare solo a nome delle donne? È triste ma vero. E questo chiude la strada a tante artiste». Affermazioni che stridono con alcuni dei versi scritti e cantati dagli ospiti del disco, come nel featuring di Guè Pequeno: «Agli ospiti ho dato carta bianca e libertà di parola. Con questi featuring ho cercato di aprire un dialogo, ma ognuno ha il suo modo di esporre. Loro hanno rispetto per me. Io gli dovevo dare libertà di espressione».

Tra i featuring di Paprika quello che più spicca è quello con Mahmood (duettano sul brano Fa paura perché è vero, la vera perla del disco ndr.), artista che sembra oggi lontano anni luce dal suo background musicale. «Invece no», ci tiene a precisare. «Ci conoscevamo di persona. Tra me e lui c’è una vicinanza mentale. Noi siamo vicini dal punto di vista personale e questo si trasferisce anche nella parte artistica. La canzone è la più intima dell’album (“Fa paura perché è vero/E allora dici no/Inventi un’altra storia/Fa paura perché è vero/Ma vuoi sentire no”, canta Mahmood nel ritornello) e potevo farla solo con lui. L’abbiamo incisa prima di Sanremo».

Un altro brano che spicca in questo nuovo disco è Cento rose per te, che in qualche modo omaggia Janet Jackson: «Era un po’ che ci pensavamo io e Riva (Stefano, il suo producer ndr.). Cercavano nelle sonorità R&B. È nata così. Il suono di Cento rose per te è proprio Riva al cento per cento. Quentin40 mi è venuto in mente perché ce lo vedevamo: quanto stiamo bene insieme? È autoironico, è bravo. La canzone è una bomba». Difficile quindi definire lo stile in continuo mutamento di Myss Keta che oggi (più di prima) rimanda all’indie: «Sono una outsider e sono in lista d’attesa per entrambi i generi. E poi c’è la parte elettronica. Io comunque vado per la mia strada, lascio agli altri l’incasellarmi. Io mi affaccio su vari mondi e resto me stessa».