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Brunori Sas sa perfettamente dove vuole andare

Il lupo della Sila – citandolo testualmente da Lamezia Milano – è tornato fra i piccioni del Duomo, e lo ha fatto per finire di scrivere, incidere e presentare Cip!, la sua quinta fatica in studio prodotta con l’aiuto di Taketo Gohara. «In questo disco ho voluto parlare di apertura verso gli altri», dice Dario Brunori. «Mi sono imbarazzato a rileggermi; in questi nuovi brani parlo di amore universale, dello slancio, di tutto ciò che unisce e non separa. Quello che tento di fare è sfuggire alla velocità che questo tempo ci sta dando e che non sento come il mio tempo e mio ritmo. Questo è il tempo della macchina, ma non intendo la macchina del tempo. Il tempo delle macchine rende obsoleto quello che funziona e ciò purtroppo si riversa anche sui rapporti interpersonali. Dobbiamo resistere alla obsolescenza programmata dei sentimenti».

Ascoltando il disco – undici tracce inedite – si intuisce la sorta di viaggio spirituale che ha intrapreso: «Spesso le persone vedono nei miei lavori cose più grandi di quelle che ci vedo io. Io tento solo di recuperare il fanciullino che c’è in me, quello di Pascoli per intenderci. Volevo che ci fossero dei rimandi ad una religiosità che ho trovato in alcuni scritti di Einstein perché avevo il desiderio di comunicare che la nostra vicenda umana non è nostra». Non a caso scorrendo i titoli che compongono la tracklist ci si accorge che ricorre spesso la parola “Mondo”: «Pensato fosse giusto ci fosse una parola chiave, probabilmente deriva dalla sindrome della veduta d’insieme. È una sindrome che si riscontra negli astronauti; alcuni di loro hanno riconsiderato la loro visione del Mondo vedendo la Terra da lontano. Io invece cerco di capire la relazione tra valori etici, bene e male. Siamo comunque creature a tempo determinato. Mi piace l’idea di perseguire il bene per ottenere un’armonia degli opposti. Alla fine ho la necessità di trovare in quello che vedo fuori e dentro di me una forma di accettazione, ma non di rassegnazione».

Il nuovo Brunori Sas vuole eliminare le opposizioni intrinseche nella natura umana, nella vita stessa, ma che piuttosto vuole sfumare i confini tra il bello e il brutto, come uno specchio riflesso in cui si ha bisogno del negativo per abbracciare meglio il positivo. E questa positività si ritrova anche in Al di là dell’amore in cui Dario canta “Questi parlano come mangiano / E infatti mangiano molto male”: «Sai, in questo momento storico è fondamentale interrogarsi sul linguaggio, su come si dicono le cose e non tanto sul cosa, perché alla fine è il come che è importante. Anche per un cantante il come è più importante. Io stesso mi rendo conto che le cose che mi emozionano dei cantanti non sono le parole ma come queste sono pronunciate. È da questa amarezza che è scaturito quel verso. Comunque poi nel brano dico che andrà tutto bene».

Cip! arriva a dieci anni dal suo esordio discografico (Vol. 1, 2009) nel quale esprimeva il suo timore di non essere compreso: «Questo album si rifà all’idea di recuperare l’ingenuità del primo disco. Non volevo perdere lo sguardo del fanciullino di cui parlavo prima e ritrovare lo sguardo pulito del Pugile e l’ironia verso la mia parte sentimentale. Il riscontro sulla parte dell’essere capito è la sintonia con chi mi segue. Ho cercato di non scrivere col piglio accademico ma col guizzo del poeta, cercando di tuffarmi negli abissi personali», spiega. Poi c’è la celebrità che è arrivata: «Ovvio che la vedo», dice senza girarci troppo intorno. «Sono felice che tutto stia arrivando nel momento giusto. Non ho mai inseguito un obiettivo di notorietà, ma ovviamente c’è sempre stato il desiderio di cantare le mie canzoni di fronte ad un pubblico». Sulla paura di perdere il successo: «Non c’è nessun tipo di paura. Il mio è un lavoro che ha a che fare con l’ego e il guardarsi continuamente allo specchio. Io più che guardare me stesso, guardo il Mondo».

Niente televisione, quindi, ma anche niente Festival di Sanremo (per il momento) ma soprattutto niente talent, anche perché Brunori sa perfettamente dove vuole andare: «Quel genere di trasmissioni servono per intraprendere un certo tipo di percorso. Il Pinocchio di Silvano Agosti ad un certo punto dice che non vuole andare a scuola perché a scuola entrano tutti come alberi selvatici ed escono tutti come pali della luce. Il pericolo che vedo insito in quel tipo di situazione è che una persona che ha delle peculiarità, che non rientrano esattamente nel format delle caratteristiche di un artista pop, possa essere indotto a pensare che sia sbagliata. Io poi sono uno che ha sempre amato artisti che non hanno le caratteristiche da format, penso ad esempio a Alessandro Fiori, Lucio Corsi oppure Motta. Poi c’è sempre da considerare l’impatto psicologico che può avere su una persona che a vent’anni si trova a toccare le stelle ed il giorno dopo ritrovarsi ad essere nessuno. Poi io a vent’anni non lo avrei mai fatto, ero nella fase che schifavo il mainstream».