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Se squalifichiamo Junior Cally da Sanremo bisogna anche bandire Vasco Rossi dalla RAI

Ad ognuno di noi spetta il proprio quarto d’ora di celebrità. Questo noto aforisma di Andy Warhol spesso ci sembra una falsità, fin quando, un giorno, arriva… il quarto d’ora di gloria. Ora: se ciò a cui stiamo assistendo in merito alla questione Junior Cally sia una mossa di marketing volta a regalare un quarto d’ora di celebrità a questo festival di Sanremo, io ritengo sia tutto leggermente poco etico ma indubbiamente, maledettamente funzionale. Perché è evidente che il marketing sia un settore tutt’altro che etico, in Accademia ai pubblicitari lo hanno insegnano fin dagli esordi. Ma a questo giro par esserci un qualche sotto-tema nella questione. Magari di matrice politica. In tal caso ho qualcosa di più serio da provare a dire in sfavore della mossa. Di base perché, a prescindere dai colori e dalle fazioni, a prescindere dal fatto che i leader di partito cerchino da sempre di riempire con valori più o meno tangibili i propri discorsi, quando Salvini (o chiunque altro) condanna certi concetti emersi nel brano Strega di Cally, pubblicato nel 2017, quali la violenza contro una donna, io non posso che dargli ragione.

Tuttavia è sempre più lecito chiedersi se questa valanga di polemiche non si sia generata da una banale palla di neve scesa dalla vetta. Perché Salvini ha ragione quando critica il contenuto del vecchio brano dell’artista, Renzi o Di Maio farebbero lo stesso se solo fossero più pratici con Twitter, e avrebbero altrettanto ragione. Ma è doveroso ricordare che la musica, come la poesia o il cinema, sono delle forme di espressione che si reggono sul concetto di libertà. Rimango molto perplesso a leggere che ancora ci si sorprenda dei contenuti di un brano rap, forse perché da ascoltatore continuo a rimuginare frasi di pezzi di gran lunga più noti e sessisti di quello messo alla gogna in queste ore. La musica è un mezzo potentissimo e il testo, specie in Italia, gioca un ruolo di assoluta supremazia. Ciò però non toglie che l’ipocrisia di certi discorsi finiscano solo per alimentare un polverone che è solo deleterio. “Appena ti prendo da sola/Ti taglio la gola”: questo non è Cally ma Vasco Rossi, uno degli artisti più vicini al mondo femminile che la musica italiana abbia conosciuto ma che nel 2001, in Stupido Hotel, cantava “Tu prenderai/Quello che puoi/Io non ci sto/Io ti violento”.

“Meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna/Una donna che porta vergogna fino allo scherno”: neanche questo è Cally, ma la Bibbia, Antico Testamento. Potrei parlarvi di Eminem (“Sta’ zitta, zoccola/Stai causando troppo caos/Piegati e prendilo come una troia, okay, Ma?”) o di Enrico Ruggeri (“Portaci delle rose, nuove cose/E ti diremo ancora un altro sì”). Ora basterebbe fare un paio di passi indietro e ricordare che Vasco Rossi ha partecipato (sia come concorrente che come ospite) a Sanremo, come Eminem (ospite nell’edizione del 2001), Ruggeri e la Mannoia (quest’ultima che ha interpretato Quello che le donne non dicono divenuto poi una sorta di inno della femminilità). A onor del vero Gesù Cristo non ha partecipato a Sanremo ma credo si tratti solo di una mancata associazione spazio-temporale. Dunque: se il caso Cally e una trovata pubblicitaria, complimenti ai copywriter e agli uffici stampa coinvolti, ma se si tratta di politica, cortesemente facciamola finita con l’ipocrisia e ricordiamoci che nessun fan di Vasco ha mai sgozzato il proprio figlio (“Ieri ho sgozzato mio figlio/È stato uno sbaglio/Credevo fosse un coniglio”) e ad ogni modo, se anche così non fosse stato, la colpa sarebbe del fan e non del cantautore.