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Liam Gallagher a Roma gioca sull’amarcord

Il Palazzo dello Sport di Roma non sarà Knebworth, ma il colpo d’occhio, quando Liam sale sul palco sui riff di Fuckin’ In The Bushes, è quello delle grandi occasioni. Otto mila gli spettatori, altrettanti probabilmente quelli rimasti fuori senza biglietto (la data è andata sold out con due mesi di anticipo, stessa sorte, anche se più a rilento, per il concerto di stasera al Mediolanum Forum di Milano); numeri impressionanti che confermano il grande hype che continua ad accompagnare la sua carriera solista. Our Kid mancava a Roma da sei anni, da quando nel 2014 suonò in un Orion pieno per metà con i suoi Beady Eye, la band che fondò con Gem Archer (oggi degli High Flying Birds), Andy Bell e Chris Sharrock subito dopo la famosa lite con Noel che portò allo scioglimento degli Oasis. Quello che oggi Liam porta dal vivo è un rito che dura giusto il tempo di dare al pubblico quel rock & roll old school che vuole. Niente di più, niente di meno. E a tutti sembra andar bene così.

Ed è proprio con quel “Tonight, I’m a rock & roll star” che si presenta sul palco, quasi a voler chiarire fin da subito la piega che il live da lì a poco prenderà. Halo, Shockwave, Wall Of Glass, Come Back To Me e quel capolavoro intitolato For What It’s Worth: sembrano tutte uscite dal repertorio degli Oasis, eppure stavolta la band capostipite del britpop non c’entra nulla. Sia chiaro, il live non vuole essere un banale scimmiottare i bei tempi andati, anche perché Liam ne uscirebbe inevitabilmente perdente, innanzitutto perché quella follia che lo accompagnava sul palco negli anni novanta sembra non esserci più, ma soprattutto perché niente e nessuno potrà sostituire quella testa calda di Noel con cui ha condiviso i passi più importanti della sua carriera. Arriva Stand By Me e anche il primo gin tonic. I “Nobody knows the way it’s gonna be” sono affidati alla voce unisona del pubblico con Liam che resta impassibile (ma solo apparentemente, ormai lo conosciamo bene) incellophanato nel suo parka bianco ad ascoltare lo tsunami che si scaglia contro di lui. Per gli aficionados c’è anche Columbia che anticipa l’altro mini set dedicato al Liam Gallagher 2.0 composto da Once, che suona già come uno di quei classici che difficilmente potrà essere escluso in futuro dalle setlist, e The River con alla batteria il figlio Gene.

Inspiegabilmente mancano in scaletta pezzi come Paper Crown, Greedy Soul, One Of Us e Why Me? Why Not, quest’ultima portata live in quasi tutte le date del nuovo tour, non manca però Gas Panic! e neanche Live Forever eseguita nella versione originale pubblicata in Definitely Maybe (i più attenti avranno notato che nel tour a supporto di As You Were la versione proposta era quella acustica). Sembra che sia tutto lì. Ma non è così. Our Kid torna sul palco per trasformare una volta per tutte il concerto in una glorificazione della nostalgia: Acquiesce e Roll With It hanno il compito di aprire il primo dei due bis, ma è il poker finale, una roba da far impallidire anche i giganti del rock & roll, a regalare ai fan una serata memorabile. Prima Supersonic e Champagne Supernova, poi Wonderwall (eseguita fuori scaletta) e la conclusiva Cigarettes & Alcohol. Stavolta è veramente tutto finito, Bonehead e il resto della band scendono dal palco, lui li segue senza lasciarsi troppo trasportare dalla foga, per poi affidare l’ultimo saluto al pubblico romano ad un tweet che – per chi c’era – vale più di mille parole: “Rome, you were beyond biblical“.

LIAM GALLAGHER ROMA
Fuckin’ In The Bushes
Rock & Roll Star
Halo
Shockwave
Wall Of Glass
Come Back To Me
For What It’s worth
Morning Glory
Stand By Me
Columbia
Once
The River
Gas Panic!
Live Forever

BIS ONE
Acquiesce
Roll With It
Supersonic
Champagne Supernova

BIS TWO
Wonderwall
Cigarettes & Alcohol