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I Rolling Stones primi su iTunes, ma non c’è nulla da festeggiare

“La superba sorpresa della verità”, scrive Emily Dickinson, può essere “troppo brillante per la nostra malferma delizia”. A volte dobbiamo stare attenti a dire come stanno veramente le cose. “La verità deve abbagliare gradualmente”. Se ci colpisce troppo in fretta e troppo forte, potrebbe essere difficile da sopportare. Quindi Emily ci consiglia di mentire e ingannare? No. “Dì tutta la verità, ma dilla in modo obliquo”. Allora la diremo così, in modo obliquo. Le classifiche in Italia sono utili e rilevanti quanto uno show cooking vegano crudista alla sagra della porchetta d’Ariccia.

Le classifiche dovrebbero esprimere le preferenze e il gusto degli italiani costretti in quarantena e invece, come al solito, si trasformano nel solito circo rupestre dove chi ha avuto una ventina d’euro da spendere in downloads entra in top ten e rischia pure di essere primo in classifica. In questo lungo periodo di quarantena è successo svariate volte. Il giorno della liberazione, fra i titoli dei giornali su scivoloni politici e resoconti pandemici, mi colpisce una notizia: gli italiani riscoprono la buona musica, i Rolling Stones primi in classifica. Gli uffici stampa impazziscono, certi risultati vanno celebrati alla grande. Così li immagino a casa stappare una bottiglia di Don Perignon del 2008, stipata per l’occasione, in preda ad una gioia incontenibile, frutto del successo incredibile che ha avuto la canzone.

Ma questa è la bugia. La verità obliqua è che il successo è stato appena sfiorato. La verità esatta è che gli italiani non hanno riscoperto proprio nulla e che i Rolling Stones sono primi in classifica con appena una cinquantina di copie vendute (51 per l’esattezza secondo il sito Digital Sales Data che monitora le vendite su iTunes). Ma com’è possibile, vi chiederete. Lo so, è facile immaginarsi i primi in classifica volare nelle vendite con centinaia di migliaia di downloads, ma non è più così, ed oggi basta una ricarica alla PostePay di venti euro per fare un figurone agli occhi del pubblico. Così, alla fine, quella che sembrava la vetta dell’Everest, si è rivelata una collinetta della Maremma.

Riaccade ancora, il 5 maggio. Quella data manzoniana, che in testa nostra suona ancora come “Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro”. La classifica pop USA di iTunes ritorna ai vecchi fasti di vent’anni fa: Mariah Carey prima in classifica con Charmbracelet del 2002, la santissima Spears seconda con Glory e Madonna terza con l’EP di remix di I Don’t Search I Find. Il sogno di tutti coloro che hanno vissuto il fasto di quel pop femminile. Britney se ne accorge (o qualcuno glielo suggerisce) e tutta tronfia posta sul suo profilo Instagram l’anacronistico successo ottenuto. Successo nato e scoppiato in aria come una bolla di sapone: una mezz’ora e di quelle posizioni tanto sognate non ce n’era più traccia.

Quel 5 maggio manzoniano è stato presagio funesto, ed il “mortal sospiro” è stato quello della speranza di rivedere ancora quei nomi così importanti ai vertici delle classifiche. Ciononostante, quel poco ottenuto, è servito per montare il caso del pop nostalgico che ritornava dal letargo dopo la sua quarantena durata vent’anni. Niente di più falso. Non c’è nessun ritorno. La verità obliqua è che i fan sanno fare cose bellissime e sorprendere gli artisti con questi che io definisco veri e propri atti d’amore. Ma questa è la verità obliqua, quella aggiustata. La verità, senza filtri, è che i grandi successi millantati il più delle volte non arrivano neanche ai cento downloads. E, soprattutto, non c’è stata nessuna rivoluzione del gusto.

Succede ancora, pochi giorni dopo il trionfo di Mariah. Un album vecchio di 26 anni arriva ai vertici delle classifiche. Madonna celebra la numero 1 in classifica con il suo Bedtime Stories, pubblicato nel 1994. I giornali titolano: “Miracolo Madonna”, che sembra quasi parli di una nuova apparizione a Medjugorje, ma purtroppo no. Bedtime Stories è davvero prima in classifica dopo 26 anni. Beh, ma allora un miracolo c’è stato davvero. Ma allora, questa quarantena fa bene alla cultura musicale, o no? La verità obliqua è che ci sarebbe da festeggiare ogni qualvolta un vecchio successo ritorna in auge e senza la collaborazione di Nicki Minaj. Ma questa è solo la storiella che ci raccontiamo per dare senso a tutto questo scalpore.

Volete la verità? Ne siete sicuri? Ieri sera ho consultato la classifica di vendita della Bulgaria. Con sorpresa, scopro che in top 10 c’è Adele, con la sua Skyfall, capolavoro del 2012 (poco più sotto c’è anche Ed Sheeran con Shape Of You e James Arthur con Impossible). Ed è entrata in classifica con tre copie vendute. L’insostenibile verità è che non c’è nessun successo da festeggiare, da quando non si vende più musica anche un paio di download sono il pretesto per far rumore. Quindi riponete in vetrina il Don Perignon, e se se siete degli inguaribili nostalgici fate come me: mettetevi il cuore in pace e affidatevi alle playlist di Spotify più che alle classifiche di vendita. Quando avremo una macchina del tempo, potremo rivivere quegli anni bellissimi, ma fino a quel momento, niente show cooking vegani, mi raccomando.