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Nahaze è giovanissima e nel mondo musicale ha già messo in cantiere ottime basi per far decollare la sua carriera appena iniziata; è la prima italiana a essere sotto contratto con Elektra Records Italia – costola di Warner Music che ha in catalogo i Doors, Tim Buckley e Metallica – e i suoi padrini musicali sono Achille Lauro e Boss Doms, con cui ha collaborato e scalato i vertici delle classifiche con il suo primo singolo Carillon. Ma da buona artista ambiziosa, Nahaze non si accontenta e lo scorso 29 maggio è uscita con il suo nuovo singolo Wasted che questa volta canta tutto da sola sempre in italiano e in inglese; il suo personalissimo progetto che fa venir fuori la sua doppia anima, quella di una ragazza d’altri tempi in un mondo moderno e digitale.

Vive a Matera, il suo accento è inconfondibile, tra di noi uno scambio di poche battute per farle intuire che anch’io sono vicina geograficamente alla sua regione; mi dice «parliamo uguali», in realtà ha una pronuncia inglese da perfetta madrelingua, infatti se il padre è italiano, la madre è di Gloucester, una città a sud ovest dell’Inghilterra. E proprio lì in Inghilterra che Nahaze, all’anagrafe Nathalie Hazel Intelligente, trascorre le estati in compagnia della nonna materna inglese Hazel, da cui ha preso il nome d’arte, fondendolo al suo primo nome, Nathalie.

Ascolto Wasted, un brano nato durante una lezione a scuola su Pascal, leggo il testo e percepisco subito la doppia anima dell’artista; già il titolo che tradotto indica sia “stare male” che “sprecare”, è un singolo termine dal duplice significato che riflette ed interpreta uno stato d’animo generazionale e globale. Un racconto molto introspettivo del pensiero della giovane artista che sente di sprecare il tempo in ogni cosa che fa, nonostante si impegni e cerchi di impiegarlo al meglio tutto sembra inutile, senza un fine. «Il tempo in realtà è qualcosa di personale che ci appartiene, cioè ogni cosa che facciamo è sprecare tempo – mi racconta Nahaze – Nella seconda strofa dico “Cambia vita, speri sia diversa”, fare le cose per poi in fin dei conti non cambiare niente, perché in linea generale non serve granché. Quindi risulta un po’ tutto come uno spreco. Però non impiegare bene il tempo fa sprecare anche noi stessi» .

In questo particolare periodo storico abbiamo abusato della parola “tempo”, lo abbiamo etichettato con diversi significati, ognuno a suo modo: «In questo periodo di quarantena ho perso completamente la percezione del tempo e questa canzone ho deciso di farla uscire proprio per questo, perché il testo è molto attinente – spiega – In questi giorni trascorsi, dove la cena era l’obiettivo della giornata, cioè cose che in realtà sono o potrebbero risultare una perdita di tempo, date per scontato, in momenti come questo in realtà sono le esperienze che colmano il nostro tempo».

Nahaze ha 18 anni, il suo primo singolo ha raggiunto la vetta delle classifiche musicali e si è guadagnata il consenso del pubblico e della critica, tanto da essere considerata la Billie Eilish italiana. Ma più che etichettarla come una sua coetanea americana, Achille Lauro la definisce un’artista new pop in quanto coniuga la cultura popolare con quella digitale dando vita al nuovo linguaggio dei giovani. A Nahaze non dispiace essere definita pop, al contrario di tanti artisti veterani che ancora oggi guardano e attribuiscono a questo termine una valenza negativa; lei ci si rivede, ma precisa che si sente lontana dalle caratteristiche del pop tradizionale. Ma nella parola pop è insito già il significato di popolare, la cosiddetta popular music di diffusione di massa, da non confondere con folk che invece si riferisce a una musica popolare in riferimento a una cultura etnica.

Negli anni la popular music è stato lo specchio sociale di diverse generazioni di giovani, ognuno con un proprio linguaggio, quindi etichettare artisti pop tradizionali e non forse non è corretto: «Assolutamente sono figlia di questo tempo, inglobata, ma in realtà mi sento quasi un ibrido. Quando ci fu l’avvento di YouTube per me fu una scoperta, qualcosa di nuovo. Nonostante abbia 18 anni sono cresciuta anche con la cultura del disco, quando ancora non c’era il digitale», mi dice. «Wasted la definirei di ispirazione al rap. Parlo di tematiche a me molto a cuore con una metrica rap, però allo stesso tempo c’è questa componente melodica che ho ereditato dal mondo pop; è come sto progettando il mio percorso. Con i social, ad esempio, abbiamo provato a costruire un profilo enigmatico, cioè non completamente dedito alla cultura social, al pubblico, ma più riservato. L’obiettivo è questo, di mantenere questa componente di ibrido tra l’antico e il nuovo. Al giorno d’oggi molta musica passa in secondo piano rispetto al personaggio, a volte si è conosciuti più per questo e io volevo evitare quest’etichetta».

A proposito di immagine, Nahaze ha collaborato con Achille Lauro che ha costruito il suo successo su una forte comunicazione visiva; stiamo attraversando un’epoca in cui l’artista più che essere concentrato sul vendere dischi, ardua impresa in quanto la fruizione musicale già da un po’ si basa sullo streaming, tende a catturare l’attenzione molto probabilmente dando più importanza all’apparire che alla musica: «Credo che l’immagine conti tanto – mi spiega – però dopo aver costruito un solido percorso musicale. Cioè esordire con l’immagine piuttosto che la musica secondo me è sbagliato ed è un po’ quello che avviene al giorno d’oggi, ma non voglio criticare nessuno».

Ritornando alla doppia anima, mi imbatto prima su Spotify e successivamente su YouTube e mi soffermo sul brano Carillon presentato in due versioni, una con Lauro e una acustica; non solo l’audio ma anche due videoclip differenti. Non si può fare a meno di notare la forte componente intima dell’acustico, il video girato a Matera, la sua città, rende tutto più personale. «Per i due video di Carillon avrò per sempre un legame affettivo con il primo, quando lo rivedo e la risento mi si riempie ancora il cuore, la versione acustica mi ricorda il momento in cui l’ho scritta, un periodo un po’ buio un po’ cupo di quarantena, ero un po’ triste. Ho un legame più intimo con Carillon acustica, è più personale».

Considerando la situazione critica in cui artisti e operatori del settore musicale sono tenuti a confrontarsi, causa emergenza sanitaria e il conseguente blocco di tutte le attività live, sono curiosa di conoscere il punto di vista di una giovane artista o il suo stato d’animo: «Il live è proprio la potenza dell’artista, penso che sia la cosa che lo soddisfi di più, è l’apice della congiunzione tra l’ascoltatore e l’autore. Non lo so come andrà, ma spero che al più presto si possa fare qualcosa, per me comunque sarebbero le prime date, quindi diciamo che se prima avevo l’ansia ora ne ho ancora di più. Soprattutto quella che nasce da quando si rimandano le cose».