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Thurston Moore vuole solo fare rock

Abbiamo incontrato l’ex leader dei Sonic Youth che torna con ” By the Fire”, un mix di rock sporco, psichedelia, sperimentazione e un ritorno a quel songwriting che aveva abbandonato.
ciao

Thurston Moore torna con By the Fire, nove tracce – registrate negli studi di Londra fino alla terza settimana di marzo e ultimate nei mesi dell’isolamento – che sintetizzano la sua natura musicale. Un mix di rock sporco, psichedelia, sperimentazione e un ritorno al songwriting, rimanendo però fortemente ancorato alla composizione strumentale nuda e cruda di Spirit Counsel. L’album pubblicato da The Daydream Library Series (etichetta indipendente dello stesso Moore e della moglie Eva Prinz) vanta importanti collaborazioni, da Deb Googe dei My Bloody Valentine al basso e ai cori a Jon Leidecker dei Negativland all’elettronica, ma anche James Sedwards alla chitarra e Steve Shelley alla batteria insieme a Jem Doulton. La mia chiacchierata con l’ex leader dei Sonic Youth non si può definire, un po’ come la sua musica. C’è dentro un po’ di tutto: politica, poesia, letteratura, streaming, social, l’amore per l’Italia e, da parte mia, una grande stima nei suoi confronti che non mi ha permesso di oltrepassare il limite di chiamarlo Thurston, ma rigorosamente Mr. Moore.

Rispetto a Spirit Counsel, un disco con soli tre pezzi dalla durata di 60 minuti, 30 minuti e 55 minuti, in By the Fire Moore è ritornato all’approccio del songwriting. Sì, è vero, ha ridotto la durata delle tracce (Locomotive è il pezzo più lungo, 16 minuti, ed è l’unico strumentale), ma ha comunque mantenuto la sua personalità musicale: brani non convenzionali, poco radiofonici, molto sperimentali e contaminati dalla letteratura e poesia. «Sono influenzato e ispirato da tutte le discipline artistiche, così come dall’eterna essenza della natura stessa. Più che i reali contenuti, nell’arte quello che mi ispira è soprattutto la spigolatura, l’astrazione del lavoro e le persone che la creano. Alcune volte libri e dischi li ascolto e li leggo appena, ma la loro esistenza vibratoria mi accende come un petardo», mi dice dall’altra parte del telefono.

Il 2020 è stato l’anno del cambiamento radicale e della consapevolezza collettiva, per questo Moore ha voluto fortemente che By the Fire uscisse ora; sono «tracce illuminate», dice, che raccontano l’amore inteso nel significato più ampio del termine, legato all’idea di creatività e dignità contro le forze dell’oppressione. «Essere in lockdown con più o meno il resto del pianeta mi ha permesso di visualizzare come sarebbe stato il disco; ha definito molto la sua estetica. Speranza, ansia, amore, paura, sono tutti lì, in relazione alla situazione attuale». Lo stesso Nick Cave la scorsa primavera ha pubblicato un post in cui scriveva che la sua risposta all’isolamento era la creatività e questo ha fatto sì che si innescasse un cambiamento radicale della conoscenza musicale, della distribuzione discografica e delle modalità di scrivere la musica. «L’umanità ha una storia di adattamento alle circostanze. L’impulso creativo può essere completamente celebrale e personale, può esserci anche dove avviene uno scambio – il bisogno di uno scambio – il bisogno di una comunicazione al di fuori del nostro spazio perso. Mi immergo nei pensieri e progetti creativi, indipendentemente dal fatto di essere in isolamento».

Ad inizio estate Thurston ha pubblicato Hashish. Oltre a percepire una forte influenza musicale legata ai Sonic Youth, nel testo c’è l’esaltazione della droga che rimanda inevitabilmente a Heroin dei Velvet Underground; ma se Lou Reed raccontava i pensieri e le emozioni di un tossicodipendente e del suo rapporto con l’eroina diventato una condanna senza una via d’uscita, nel brano di Moore non si percepisce dipendenza, nonostante siano presenti versi che recitano “la mia unica amica”, “la mia anima”, “la mia speranza”. Definito dallo stesso Thurston «un’ode al narcotico dell’amore» – quello che Arthur Rimbaud ha denominato lo “squilibrio dei sensi” che rende visionario un poeta – si percepisce che l’hashish è come l’amore: agisce come narcotico per dare un senso di beatitudine. «Il mio rapporto con le droghe? Ho una tolleranza molto bassa e tutte le volte che ne ho fatto uso mi sono sentito disconnesso dallo spirito e dalla Terra. Però adoro l’odore della marijuana e dell’hashish perché rimanda a quello della natura. Eva (Prinz, la moglie ndr.) ad esempio usa la marijuana per cucinare, noi la chiamiamo Your Highness».

Poi c’è Breathe, una traccia fortemente politica che parla della lotta alla demagogia che si può sconfiggere attraverso un’alta energia spirituale; abbiamo vissuto un periodo di resilienza condivisa, siamo consapevoli che, nonostante le diversità, per la natura siamo uguali. «Noi possiamo solo lottare per una leadership progressista che riconosca il benessere della Terra. Oltre ad essere responsabile del benessere sociale dei suoi cittadini, Trump rifiuta entrambe queste cose a favore dei soldi, delle banche, degli immobiliaristi, a favore del rapporto industriale militare suo e dei suoi amiconi provocatori razzisti, con Netanyahu e a favore del totalitarismo globale con il suo partner criminale Putin in Russia». Locomotive invece presenta già dal primo ascolto un forte richiamo a Different Train di Steve Reich, c’è una forte presenza di musica sperimentale unita al rock, quello sporco, quello che fa rumore, emozionale e allo stesso tempo stridente. «La sperimentazione musicale? Sento che in me è sempre in evoluzione, ma manterrà sempre il vocabolario raccolto dalla gioventù, da quando sono arrivato per la prima volta a New York e ho suonato musica con persone da cui ero attratto. Certamente la sperimentazione di Reich e Branca (Glenn ndr.) ha avuto un’influenza su di me, ma anche quella di molti altri».

La principale caratteristica della musica di Moore, come lui stesso ha dichiarato più volte, è che deve essere ascoltata live, perché è fondamentale e necessario far vivere al pubblico un’esperienza non solo di ascolto ma anche emozionale; per questo l’ex Sonic Youth non ha mai messo paletti alla durata dei brani (poco radiofonici) e da sempre ritiene che l’arte purtroppo soccomba alle regole dell’industria musicale. «Scelgo di essere consapevole, calmo e speranzoso con la resilienza dell’intelligenza di fronte all’ignoranza alimentata dall’avidità. La musica è sempre stata un’arte di forme e l’industria musicale ha storicamente impostato parametri per le vendite che sono diventati una forma d’arte del design», dice. In questo periodo in cui i live hanno subito una forte battuta d’arresto, gli chiedo come immagina si possa risollevare la situazione. «Nessuno ora ha una palla di cristallo che può prevedere se la normalità o un cambiamento sismico nella nostra struttura sociale è all’orizzonte, o addirittura se c’è davvero un orizzonte. Questo è allo stesso tempo folle ed eccitante, spaventoso e ansiogeno».