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Come suonano gli inediti scartati da “Sign O’ The Times” di Prince?

Quando aveva vent’anni, lo studente tedesco Max Planck decise di laurearsi in fisica, ma il suo professore dell’università di Monaco cercò di dissuaderlo: «È un campo in cui è stato scoperto quasi tutto, non resta che riempire qualche piccolo vuoto». Planck ignorò il consiglio e molti anni dopo vinse il premio Nobel per il suo contributo alla teoria dei quanti. È bello sapere che c’è sempre qualcos’altro da scoprire. Qualcosa che nessuno ha ancora visto o sentito nel mondo, nonostante ci dicano che tutto è già stato scoperto, e che non c’è più niente che possa definirsi davvero nuovo nel mondo. Il 25 settembre la Prince Estate e la Warner Records, hanno pubblicato una riedizione allargata di Sign O’ The Times, uno dei dischi più rappresentativi di tutta la carriera di Prince. Si tratta di un’edizione arricchita da 63 tracce inedite, due concerti e un libro. Nonostante siano passati 4 anni dalla sua scomparsa, Prince non è affatto un capitolo di storia della musica concluso. Anzi, c’è ancora molto altro da scoprire.

L’album è considerato in assoluto uno dei migliori dischi di Prince e risulta spesso nella lista dei migliori dischi di sempre pur non essendo stato un record di incassi. Prince suona la maggior parte degli strumenti nelle canzoni, fra cui la chitarra, il basso, la drum machine TR-909, presente in quasi tutti i beat delle canzoni dell’album, proponendo brani di vario genere: dal rock al pop, dal soul al funk, il tutto condito da una produzione pulita e da arrangiamenti minimali e sexy. Il disco fu introdotto alla casa discografica come triplo album, ma su richiesta della Warner fu ridotto e impostato come doppio. Prince la prese bene come Mike davanti l’esultanza di Antonella Elia per la storia della pelliccia. Un cult. In un’intervista dirà: «C’è gente che direbbe a Mozart che scrive troppe note».

Pensandoci e ripensandoci, è vero. Un album così articolato e così ben costruito, non ha senso ridurlo. Immaginate un grattacielo complesso come può essere il Burj Khalifa. Immaginatelo nell’interezza dei suoi 163 piani. Poi qualcuno viene, e dice “è troppo alto! Meglio tirare giù una cinquantina di piani”. In questa metafora, immaginate Prince come l’architetto incazzato di turno. Lo biasimereste? Credo di no. Il fatto che oggi sia disponibile la versione integrale di questa incredibile opera, non è solo un grande regalo a tutti i fan e gli amanti della musica, ma un grande regalo anche a lui. Gli inediti scartati, sono inediti che suonano meglio di qualsiasi altro pezzo in rotazione radiofonica oggi, e non è solo una frase di cortesia detta nei confronti di un artista che non c’è più. È la pura realtà dei fatti.

I Need a Man, uno dei pezzi inediti di questo incredibile remaster, è un pezzo che ha un flow a metà strada fra il funky e l’R&B. Non c’è niente che non suoni perfettamente in questi 5 minuti e 33 secondi. Le tastiere, gli assoli di organo, la sezione di fiati e le percussioni. La sua voce si muove con un gioco di falsetti e belt mixed che lo rendono riconoscibile fra migliaia. Il pezzo è inserito in un contesto complesso e molto articolato, in cui mood cupi grigi lasciano spazio ad autentiche espressioni di energia pura. Un qualcosa di talmente tanto forte, che neppure l’Enel può arrivare a tanto. In linea generale, il disco può sembrare un qualcosa per soli collezionisti. Io penso, invece, che non è così. Che chiunque abbia a cuore la Musica, con la M maiuscola, possa godere di un lavoro così ben fatto. Un capolavoro vero, che va ben oltre il senso stesso della riscoperta. Un lavoro del genere è ampio come i fondali dell’oceano. C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. C’è sempre altro ancora di cui poter parlare.