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“Rarities” di Lucio Battisti è ben lontano da quel che vorremmo

Facile immaginare, dietro alla prima delle strenne natalizie giunte nei negozi e – maliziosamente – nelle edicole, un risultato modesto della recente vertenza tra la vedova Battisti e Mogol. Rarities, il disco di di Lucio Battisti uscito a fine settembre, è infatti un prodotto modesto e per il 90% assolutamente non inedito. È eterogeneo e apparentemente non concepito come un progetto organico. Non avrebbe potuto? Certo che avrebbe. Anche soltanto a chi scrive – e vi garantisco, non fa parte di chissà quale setta – è capitato, ovviamente in forma di bootleg, di sentire cose molto ma molto più importanti e interessanti del repertorio realmente inedito di Battisti. Esistono i provini di Una giornata uggiosa voce e chitarra, nudi e ben più belli del disco in studio, comprendenti anche l’inedito (ma noto) Il paradiso non è qui. Esistono le versioni alternative in studio, con arrangiamenti totalmente diversi, de Il nostro caro angelo, con alcune perle assolute. Esiste il secondo disco in inglese (di fatto Una donna per amico) e poi ci sono i provini dell’era Panella ed almeno un inedito completamente finito della stessa era, quel Gabbianone che è un capolavoro realmente assoluto dalla inspiegabile esclusione dalla discografia ufficiale. E questo per parlare delle cose di cui sono certo, poi sicuramente c’è tantissimo altro, compreso (forse) l’ultimo inedito album registrato prima della morte.

Ma il materiale realmente inedito, chissà perché, non si pubblica. Sarà perché il risultato della vertenza implica la pubblicazione di ciò che è edito e di ciò che appartiene esclusivamente dell’era Mogol, anche sulle piattaforme streaming? Mi sa proprio che sia difficile ipotizzare uno scenario diverso. E quindi siamo davanti a uno specchio per le allodole, a una (prima?) raccoltina di roba sicuramente rara e poco conosciuta, con, diciamolo, alcune cose ovviamente bellissime. Ma non abbiamo bisogno di scoprire oggi, e grazie a questo disco, che Lucio era bravo. Mi sento di dire, con ragionevole certezza, che questo non è sicuramente un disco che Battisti avrebbe pubblicato (magari, e questo salverebbe la moglie, se non costretto dagli effetti di una sentenza). Quello che amerei, se inedito dovesse per forza essere, sarebbe un progetto parallelo all’antologia dei Fab Four o a ciò che stanno facendo col repertorio di Prince. Insomma, inediti veri, interessanti, istruttivi, capaci di illuminare l’opera di quel gran genio del nostro amico. Questo disco è un abile furbata, inevitabilmente capace di contenere qualche perla (Vendo casa e Il mio bambino, per dire, sono meravigliose). Ma è troppo poco.