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Lo strano rapporto di Prince con i live

Prince era un incredibile animale da palcoscenico e la cosa non è mai stata messa in discussione. Ma oggi, costretti nostro malgrado ad analizzare la cosa ex post, tutto ci pare ancora più eclatante. Prince era capace di stare sul palco come nessun altro (neanche Springsteen, Morrison, James Brown, Jagger sono stati e sono artisti così completi). Un secchione strapieno d’anima (e la cosa è rarissima) con capacità interpretative e d’intrattenimento uniche. D’altronde Prince sentiva profondamente tutto quello che faceva. Eppure, il suo rapporto coi live era contrastante o meglio, era nel corposo mucchio delle cose inspiegabili che l’hanno sempre contraddistinto.

Durante la sua vita ha pubblicato un solo cofanetto live, One Nite Alone… Live!, di larghissima distribuzione e due opere live più di culto (C-Note e Indigo Nights, introvabili già allora), nonché alcune VHS cui però non corrisposero i relativi dischi. Eppure, se non vogliamo analizzare i precedenti, tutti i tour da 1999 in poi sono stati assolutamente meritevoli di pubblicazione, anche quelli relativi a dischi oggettivamente minori. Anche perché Prince non si limitava certo ad una pedissequa esecuzione dei brani come da studio, anzi, alcuni erano stravolti quasi a raggiungere l’irriconoscibilità. C’era molto jazz-funk, un sacco di improvvisazione pura di altissimo livello a partire dalla mitica jam con Miles Davis di cui c’è traccia ma non ufficiale. Insomma, fino all’ultimo tour di sola voce e pianoforte, tutto meritava, e merita, la pubblicazione.

Ma evidentemente lui non ci credeva più di tanto: ha pubblicato tantissimo, molto di ciò che è stato pubblicato era auto-prodotto, questo a dimostrazione che Prince non ha avuto mai problemi nel dare alle stampe i propri prodotti (e diciamocelo, spesso anche palesemente inferiori a quelli che si sarebbero potuti estrarre dalle registrazioni live). Non sapremo mai le ragioni di questa scelta, se non l’assoluta oggettività del fatto che questa era, appunto, una scelta. Dunque, conveniamo sull’opportunità di pubblicare – post mortem – i concerti di Prince? E qui ciascuno diventa Gollum di sé stesso. Ovvero: il vero fan non può non godere di quello che vede o (meglio) sente, ma rimane una forma di rispetto latente che ci fa dire che forse sarebbe stato opportuno rispettare le sue scelte e volontà.

Certo, spiazza piacevolmente sentire perle assolute come il recentissimo Prince and The Revolutions: Live, concerto del 1985 pubblicato a maggio. Un live pazzesco, stato di grazia assoluta (del gruppo ma soprattutto sua) a metà degli anni d’oro, in un tour perfetto, con la versione di Purple Rain più bella di sempre (19:25 minuti di godimento assoluto). Dunque, visto che la nostra possibilità di incidere sulle scelte (comunque finora sagge) di chi gestisce il suo repertorio e i suoi cassetti segreti è giustamente pari a zero, non possiamo che godere di queste pubblicazioni senza troppi dubbi o rimorsi.