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Ventenni e incazzati: i Måneskin sono tornati per restare

Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan – aka Måneskin – si conoscono da quando avevano 13 anni, suonano insieme dai 5 e ora ne hanno 20, proprio come il titolo del loro nuovo singolo, una rock ballad nuda e cruda con cui sono riusciti a riportare il suono live in studio. Un pezzo suonato e molto incazzato che non è e non vuole essere un inno generazionale, bensì vuole incoraggiare i ventenni spesso già disillusi e schiacciati sotto il peso delle incertezze sul futuro. «Il testo è scritto da due punti di vista, il me ventenne e il me del futuro. Ho immaginato di avere l’età di mio padre e di dire al me del passato quello che avrei voluto sapere (“E c’hai vent’anni/Ti sto scrivendo adesso prima che sia troppo tardi/E farà il male il dubbio di non essere nessuno/Sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri/Ma c’hai solo vent’anni”) – racconta Damiano – Non è però una canzone che parla solo ai nostri coetanei. Vent’anni è un brano che vuole essere universale, per tutte le generazioni». Poi ci sono le sonorità che, inevitabilmente, rimandano a quel rock inglese anni Settanta ormai diventano un loro punto di riferimento. E non ne fanno segreto. «Abbiamo sempre ascoltato i Led Zeppelin, i Fleetwood Mac, David Bowie, i Genesis, quindi amiamo quel tipo di approccio lì, vintage», dice Victoria, poi interviene Damiano con la sentenza definitiva: «Quella musica non morirà mai. Il rock & roll si nasconde ma poi ritorna sempre con la sua classica arroganza».

L’importanza di continuare a vivere la musica innanzitutto come una passione e, solo in secondo luogo, per il guadagno. Lo confessavano due anni fa in un brano intitolato Immortale (“Tu che lo fai per il dinero/Io per diventare immortale”) e lo ribadiscono oggi in Vent’anni, dove Damiano canta di avere paura di lasciare al mondo soltanto denaro (“Ho paura di lasciare al mondo soltanto denaro/Che il mio nome scompaia/Tra quelli di tutti gli altri”). «Questo passaggio riflette la nostra voglia di fare qualcosa che vada oltre il generare profitto – spiega – È un modo per dire che noi non vogliamo essere di passaggio in questa vita ma puntiamo a fare qualcosa di grande e che possa rimanere nel tempo». Gli fa eco Thomas: «Il messaggio è chiaro: vogliamo lasciare il segno». L’obiettivo per il momento è quello di riuscire a riportare la musica analogica in classifica. Sono consapevoli che non è facile, ma sono anche consapevoli che se oggi in Italia c’è qualcuno che può tentare tale impresa, questi sono proprio loro. «Abbiamo vissuto alcuni mesi a Londra dove abbiamo lavorato a nuovi brani – racconta Victoria – Lì abbiamo vissuto la musica nel senso più stretto, ogni sera ci vedevamo tre concerti, perlopiù di band emergenti che si ritrovavano a suonare di fronte a trenta persone. La musica in Inghilterra viene vissuta in un modo diverso, sia da chi la fa che da chi la vive sottopalco».

I quattro romani sembrano anche aver imparato a convivere con chi, a distanza di tre anni, ancora gli recrimina di aver partecipato a X-Factor. «I talent sono un’enorme vetrina e permettono, come nel loro caso, di bruciare le tappe, ma questo non vuol dire che sia facile poi restare», dice Victoria prendendo la parola. «L’obiettivo non è arrivare al talent – prosegue Damiano – l’obiettivo è utilizzare il talent per dare risonanza a quello che si vuole dire. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere le idee molto chiare fin da subito, da ancor prima di entrare nel programma. Quindi non ci sentiamo minimamente attaccati da chi pensa che partecipare ad un talent equivale a fare musica di merda». Alla fine a Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan è andata bene, anche perché – dicono – per nessuno di loro era contemplato un piano B. «Siamo andati in all-in e per fortuna avevamo il poker d’assi».