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Ci si può ancora divertire con i live dei Queen?

Come si fa a non essere prevenuti? Difficilissimo. Ed eccoci allora a dar forma a quel consiglio che fu anche il titolo di un ottimo album di George Michael: ascoltare senza pregiudizi. Ok, proviamoci. Prime impressioni oggettive di Live Around the World dei Queen con Adam Lambert: suono potente, energia da vendere, qualità sonora eccellente e performance perfetta dei due membri originali – Roger Taylor e Brian May – obiettivamente in formissima. E poi Adam Lambert, ovvero un povero cristo a cui è stato affidato il compito più difficile di tutta la storia della musica: sostituire colui che è stato, al contempo, un genio compositivo ed una voce tra le più straordinarie mai ascoltate nel variegato mondo del rock, Freddie Mercury. E il povero Adam come svolge l’ardito compito? Cerchiamo di dare una risposta oggettiva: benissimo. Intonazione impressionante, tecnica impeccabile, estensione mostruosa che va ben oltre le capacità dello stesso Mercury dal vivo (soprattutto quelle degli ultimi tour). Per intenderci: qui dei mega-acuti non uno viene evitato ed anzi, ne inventa molti non esistenti negli originali, con forse qualche barocchismo di troppo.

Ovviamente la carenza di armonici e personalità è evidente rispetto alla varietà degli aspetti vocali fascinosi di Mercury, ma possiamo dire che il lavoro svolto è egregio. Si ha la sensazione della tribute band di lusso? Ni. Il paragone che mi sorge spontaneo, forse l’unico fattibile, è l’avventura dei Doors con Ian Astbury dei Cult. Certe cose non possono non essere in qualche modo scimmiottate (volenti o nolenti è anche quello che vuole il pubblico), ma tanto Ian che Adam hanno una loro personalità vocale e da performer che sarebbe ingiusto svilire e siamo obiettivamente ad un livello di professionismo difficilmente riscontrabile in una normale cover band. Certo, Mercury (come Jim per i Doors) non ci sono e sono, storicamente, insostituibili. Quindi la domanda da farci è: è corretto divertirsi ancora con i live dei Queen (o con quel che ne rimane)? È uno show che può valere la pena vedere o un disco che può essere gradevole ascoltare? Indubbiamente sì. La domanda irrispondibile invece è: ha senso fare cose di questo tipo? Ognuno pensi quello che vuole, naturalmente, ma teniamo conto che oltre l’arte c’è il business e l’industria dell’intrattenimento. Purtroppo, o per fortuna.