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Willie Peyote: «Sanremo si può fare anche senza i signori impellicciati in seconda fila»

Nello sterminato cast sanremese di quest’anno (due concorrenti in più rispetto a quello del 2020) c’è spazio anche per Willie Peyote. Una prima volta assoluta per lui all’Ariston ma non sbagliamoci, perché stiamo parlando di un artista che ha iniziato a percorrere la sua strada a metà degli anni Duemila. Insomma, uno che il mestiere ce l’ha. Il suo è un po’ il destino che ha avuto anche Brunori Sas, per intenderci: all’improvviso arriva un pezzo che illumina la strada (nel caso di Willie è stato La tua futura ex moglie) e tutto si fa più semplice. Le pagelle pre-sanremesi lo quotano altissimo, per non parlare del fatto che la serata duetti lo vedrà protagonista nientemeno che con Samuele Bersani (canteranno Giudizi universali). Quindi le aspettative – anche se lui dice che non parteciperà per vincere o per la competizione – sono alte.

Il tuo è stato l’ultimo spettacolo live che ho visto lo scorso anno, quindi mi ha molto colpito quando nel pezzo che porterai a Sanremo canti “Riapriamo gli stadi ma non teatri né live/Magari faccio 2 palleggi, mai dire mai”. Quali soluzioni vedresti per tornare a vivere la musica dal vivo?
Non sono adatto a trovare soluzioni anche perché io con la musica faccio domande, non dò risposte. Il presupposto dovrebbe essere che ci si confronti in maniera costruttiva fra tutti: artisti, associazioni di categoria, organizzatori di live e comitato tecnico scientifico. Tutti quanti a mettere le idee sul piatto in modo che si trovi la soluzione per ripartire. All’aperto, col giusto distanziamento e con i giusti controlli – che c’erano anche l’estate scorsa – abbiamo dimostrato che si può ripartire. Se poi parliamo di meri numeri i live che si sono fatti la scorsa estate non hanno provocato alcun problema legato al Covid. Non mi spingo però oltre perché non faccio quello di lavoro e se mi diranno che dovrò suonare con la mascherina altrimenti non si suona, io suonerò con la mascherina. Dopodiché la ribellione è giusta, ma va calibrata.

Tra l’altro sei l’unico concorrente di Sanremo che porta un brano – Mai dire mai (la locura) – che parla di questi temi.
Non so dirti perché, però posso dirti perché l’ho fatto. Sicuramente c’è il tentativo di evadere da questo periodo che è stato complicato per tutti. Per cui da un lato ci sta anche prendersi una pausa. Dopodiché mi sembra ingiusto nei confronti di certi discorsi portati avanti negli scorsi mesi, salire sull’unico palco che suonerà quest’anno e non dire proprio niente rispetto al fatto che è un anno che siamo fermi. Quello mi sembrava vagamente incoerente.

Secondo te il brano darà fastidio a qualcuno?
Io spero che nessuno se la prenda sul personale perché il mio obbiettivo non era quello di scagliarmi contro qualcuno, ma un tentativo di prendere in giro noi stessi che fruiamo della musica, gli addetti ai lavori, le major e tutto quello che ci sta intorno alla produzione artistica. Però sai, non è che si possa far finta che sia tutto perfetto. Per esempio, se le major aspettano che qualcuno su TikTok faccia il botto per fargli firmare un contratto viene a mancare il loro core business, ossia quello di scoprire nuovi talenti. Se tu aspetti che un talento si formi da solo ed esploda sui social, non stai facendo bene il tuo lavoro. Potevo stare zitto? Forse. Però questo per me è un discoro di coerenza. Andare a Sanremo e non fare quello che so fare mi sembrava una presa in giro.

Temi la possibilità di un fraintendimento?
Il rischio c’è perché tanti non sapranno chi sono e non sapranno che questo mio modo di pormi è una costante. A me piace scrivere per sviluppare un pensiero critico e fare una discussione, quindi se quello che ho scritto svilupperà un qualche discorso l’obbiettivo è raggiunto.

D’altronde sei a Sanremo proprio per dire la tua e non per lanciare un progetto in particolare.
Infatti non ho nuovi progetti da lanciare e non è neppure il momento di farlo per me che vivo di live come forma a me congeniale. Onestamente mi spiace che si colga più la rabbia che l’ironia del pezzo. Affronterò in realtà Sanremo col mio lato più cazzone per dire: prendiamoci tutti un po’ meno sul serio, però prendiamo tutti un po’ più sul serio quello che diciamo. Un po’ di rabbia ovviamente alla base c’è, d’altronde è un anno che non faccio l’unica cosa che mi piace fare nella vita.

E il fatto che non ci sarà il pubblico?
Ne soffrirò poco perché in realtà Sanremo non è un concerto, è una performance prettamente televisiva, per cui il pubblico in sala sarebbe stato un plus. Per me Sanremo si può fare anche senza i signori impellicciati in seconda fila. E poi almeno sono sicuro fin da subito che non farò la fine di Crozza col pubblico che mi contesta ed io che non riesco ad andare avanti (ride ndr.).

Nella terza serata duetterai con Bersani su Giudizi universali, la canterai esattamente com’è o aggiungerai qualcosa di tuo?
La farò come dev’essere fatta, non si riscrive un brano come questo. Samuele l’ho sempre stimato ed averlo vicino m’inorgoglisce moltissimo e mi tranquillizza anche. In questo momento mi sento come un giocatore della primavera che va a giocare in prima squadra e c’è il capitano della squadra che gli dice «vieni, vieni, che puoi giocare anche tu».

E dalla classifica cosa ti aspetti? Sei tra i favoriti.
Non mi aspetto niente, anche perché non partecipo per vincere o per la competizione. La competizione, come dicono i regaz de Lo Stato Sociale, è per i cavalli. Certo, preferirei arrivare ultimo piuttosto che quindicesimo. Su chi faccio l’endorsement? Sono troppo amico de Lo Stato Sociale e dei Coma_Cose per poter scegliere uno di loro, ma sono anche un grande fan di Madame, Gazzè e Fulminacci. Però ti faccio un nome: Orietta Berti. Ma solo perché la danno perdente, poveretta.