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Fulminacci: «Più ci si libera dei rituali, meglio si vivono le emozioni»

Dal potere dell’autotune che si ritorce contro chi ne usufruisce (male) all’anacronismo puro che ha contraddistinto una giuria demoscopica rimasta ferma ai trend musicali dei primi anni Duemila; o, ancora, dall’umorismo opinabile di ospiti assolutamente non necessari in spazi e tempistiche televisivi già saturi, ad una scelta artistica ampia senz’altro, ma di dubbia qualità musicale. Sesso e ibuprofene? Amadeus magico barbiere? Veramente? Veramente. Questa 71esima edizione di Sanremo ci sta insegnando molto e segnando anche di più. Una cosa è certa: fin dalla prima serata della kermesse, alcuni tra gli artisti in gara non hanno perso occasione per mostrarci e dimostrarci che, a volte, il talento prescinde dall’esperienza. Sono soprattutto i giovani quest’anno a prendere a morsi il palco dell’Ariston, e tra questi spicca il 23enne Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci. Dopo aver presentato il suo inedito Santa Marinella durante la seconda diretta del Festival, per la serata dedicata alle cover il promettente cantautore romano presenta una versione squisitamente personale e decisamente riuscita del brano Penso positivo di Jovanotti, scegliendo come suoi compagni di esibizione niente po’ pò di meno che Roy Paci e Valerio Lundini e regalandoci una delle migliori performance della serata. Si sa: i tempi stringono e la finale del Festival è ormai alle porte, quindi ecco due domande al volo fatte a Fulminacci.

Sai, mi piace pensare che stai rappresentando in maniera egregia la “nostra gente”, quella che viene dallo scenario più indipendente. Sei impeccabile
Questa cosa che stai dicendo mi rende davvero felice.

Da un anno a questa parte ci sono state parole che hanno assunto significati e pesi diversi nel nostro immaginario collettivo (tampone, assembramento, positivo ndr.). Ieri sera tu hai portato sul palco dell’Ariston Penso positivo di Jovanotti. La scelta di questa cover è in qualche modo collegata alla nuova realtà in cui siam stati catapultati nell’ultimo anno?
L’ho scelta sia perché è molto diversa dalla canzone che porto in gara – quindi è un modo per farmi conoscere un po’ di più da chi non mi conosce – sia per la parola “positivo” che contiene. Ci tenevo a riconquistare il significato che questa parola ha avuto fino ad un anno fa. In termini medici, “positivo” vuol dire essere positivo a qualcosa di brutto. Mentre, quando Jovanotti scriveva quella canzone con Saturnino “pensava positivo” perché era contento, era una sensazione bella. Ho voluto regalare un momento di leggerezza e spero di esserci riuscito.

Alcuni tuoi colleghi son stati protagonisti di performances imperfette dovute a problemi tecnici per computer e microfoni non funzionanti. Molti artisti associano a questo tipo di inconvenienti la loro ansia da prestazione live. Prima di salire su un palco, in particolar modo su quello dell’Ariston, cos’è che ti spaventa di più e con quale rituale pre-esibizione lo fronteggi?
Nonostante io abbia un’esperienza minima, mi sono reso conto che più ci si libera dei rituali, meglio si vivono le emozioni. Bisogna stare nel presente prendendo tutto ciò che questo ti regala, e basta. Potrebbe succedere che stasera salgo sul palco, suono, comincio a cantare e non sento nulla. L’unica cosa che devo fare è dire: «Scusate, c’è un problema tecnico. Ricominciamo». Tutto qui. Senza neanche cercare di cantare male la canzone fino alla fine, perché se c’è un problema tecnico non puoi farci nulla, son cose che capitano. Com’è successo ieri a Neffa e a Noemi: l’audio arrivava in ritardo solo in televisione, ma dal vivo era perfetto. Speriamo che non capiti più.

https://www.youtube.com/watch?v=Yktsy4fyAXU