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Madame è il presente, ma anche il passato e futuro del rap

Non ricordo bene i dettagli, ma di fatto gli Arcade Boyz – che vi piaccia o meno, un punto di riferimento online per chi segue il rap – avevano detto che in Italia il rap al femminile era inesistente. Francesca, in arte Madame, con cui abbiamo scambiato qualche parola incastrandoci negli impegni che costellano la sua app promemoria dell’iPhone, aveva inviato ai Fada e Barlow un suo provino come a spiegare che avevano detto una cazzata e che il rap al femminile esiste. Da quel momento lei è diventata una amica degli stessi Arcade Boyz e freccia del feretro di Paola Zukar. Tutto questo non ha a che fare con le Instagram Stories di Cristiano Ronaldo (che comunque, certamente, le hanno dato un boost). Non è lì il punto però, perché tutti questi nomi altisonanti sono arrivati per due grandi doti; il talento cristallino di Madame, certo, ma soprattutto il suo saper riconoscere ed analizzare le circostanze. Perché è evidente che ad ognuno si presenti l’occasione ghiotta almeno una volta nella vita (se sei Madame probabilmente più d’una) ma ciò non toglie che sapersela cavare, saper far fruttare i propri talenti, saper distinguere l’opportunismo dall’opportunità è un dono anche superiore al timbro o al flow incorporato nei cromosomi. Sanremo è una di queste opportunità, e Francesca lo sa. Ecco perché non guarda le classifiche o gli streams e si lascia cullare da un ingenuo flusso di emozioni forti e pure. La sua musica domina l’Ariston, il suo brano sublima, prescinde, oltrepassa. Francesca con Voce ha già fatto avanguardia, anche se il suo battito cardiaco dà sempre l’impressione di essere dentro gli standard.

Il tuo è un genere difficile da portare sul palco dell’Ariston.
Io parto dal presupposto di non avere un genere. Non mi vedo rapper, ma non mi vedo neanche popstar. Ad esempio, se mi chiedessi che genere è Voce, non saprei risponderti.

In Voce tu parli a te stessa, e un po’ ricorda il duetto con Marracash in cui, anche lì, si fa una introspezione parlando all’anima. Il lavoro a quella canzone ti ha aiutato?
Voce l’ho scritta prima di quel pezzo. Persona (l’album di Marracash ndr.) però mi ha aiutato moltissimo in altre tracce del disco; io e lui siamo molto introspettivi, è una cosa che abbiamo in comune. Le nostre personali telecamere puntano al nostro ombelico, alle nostre viscere.

Hai mai pensato di portare al Festival un brano più strong come testo, ad esempio come Clito?
Penso che una canzone come Clito a Sanremo non solo non l’avrebbero capita ma non l’avrebbero nemmeno accettata. Bisogna dare i giusti lati di sé, della propria personalità e scrittura nei giusti contenitori. Voce è comunque un pezzo secondo me strong certo, è meno volgare, c’è più amore e tutto il resto, ma c’è comunque quella componente che mi caratterizza molto. Io ho scelto Sanremo per Voce e non Voce per Sanremo. È un pezzo di cui sono follemente innamorata, anche se non mi vergogno di dire che sono innamorata di tutti i miei pezzi.

Quindi è una questione di “contenitori”?
Su Spotify possono capirmi e chi mi segue può rivedersi. Sanremo ha un pubblico popolare, enorme, e forse con Voce ho già osato anche troppo (ride).

Hai dichiarato che i tuoi testi nascono principalmente da dei flussi di coscienza. Cosa ti hanno aiutato a capire di questo momento della tua vita?
Le canzoni nascono sempre dalle esperienze che vivo durante le mie giornate e dalle cose che imparo. Assimilo, digerisco e riesco a tradurlo in musica quasi automaticamente ed è questa la cosa che mi diverte. È come se entrassi in trance: vengono fuori senza sforzo. Poi le rileggo: alcune non mi piacciono, altre sì. Il mio primo album (esce il 19 marzo per Sugar Music ndr.) è nato così. Voce l’ho scritta inizialmente in freestyle, poi è stata rielaborata, come d’altronde anche Baby. È un processo totalmente catartico, la miglior terapia.

Negli ultimi mesi hai collaborato con i più grandi artisti della scena italiana (Marracash, Ghali, Negramaro ndr.), come te lo spieghi?
Hanno visto sicuramente qualcosa di giovane e nuovo che non si vedeva da troppo tempo in Italia. Sicuramente io ho portato qualcosa di mio, di molto personale, che fatalità è piaciuto. Io sono molto orgogliosa e onorata di questo, soprattutto perché avere i riconoscimenti di artisti che stimi da sempre, con i quali magari sei anche cresciuta, è una grandissima cosa.

La senti la responsabilità, come donna, di essere riuscita in quello che molte provano e fanno fatica?
Questa responsabilità me la sento spesso, ma non tanto per le donne di oggi, quanto per quelle di domani. Dall’inizio non ho mai avuto un riferimento femminile, se non qualcosa che risalisse a dieci o quindici anni fa: un riferimento attuale non c’era, mancava. Ed è un posto che ho insistito per occupare. Tra le mie canzoni, Voce è quella che preferisco, ma non avevo aspettative. Quindi sì, mi sento fieramente responsabile per le ragazze che un domani vorranno fare il mio percorso. Quando mi scrivono i ragazzini mi dicono: “Ohi Madame, ascoltati il mio nuovo pezzo che è uscito”, invece le ragazze mi mandano messaggi del tipo: “Madame, io non so come fare perché ho ansia. Non so se uscire con il pezzo perché ho paura”. Io vorrei essere una promotrice per loro perché il messaggio è: ragazze, non preoccupatevi, dite quello che dovete dire e fatelo con una normalità assoluta.