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Con “Semplice” Motta ha ritrovato una stabilità

«Prima avevo molta paura di fermarmi, guardarmi e ammettere di star bene», dice Motta, chiacchierando circa il suo nuovo album, Semplice. Se nei lavori precedenti vi era una dichiarata paura del tempo, e il bisogno di essere legato al passato, non riuscendo a cogliere le sfumature e la bellezza delle contraddizioni, ad oggi Motta, all’interno della sua nuova fatica discografica, accetta quelle contraddizioni e dichiara una (ri)trovata stabilità. La mancanza del palcoscenico e del contatto con il reale nella sua dimensione prediletta hanno contribuito a costruire un periodo di magra musicale per l’artista coronata poi da un flusso spontaneo, omogeneo, coerente sia dal punto di vista testuale sia a livello melodico e armonico. La mancanza del pubblico dopo un tour – quello di Vivere o morire – caratterizzato da decine e decine di date, ha lasciato dietro sé una sensazione di forte vertigine e il bisogno di ripartire da zero, rinunciando forzatamente e solo per il momento agli occhi negli occhi con il pubblico e alla band alle spalle colpite dai riflettori. La rinnovata collaborazione con Pacifico e Taketo Gohara, l’apporto di arrangiamenti suonati e il bisogno di ritrovare una dimensione ludica all’interno dello studio di registrazione, hanno contribuito a costituire una precisa scelta artistica apparentemente low-fi ma che cela al suo interno brani tutt’altro che semplici.

Il suono stratificato e gli arrangiamenti impreziositi ricoprono un ruolo centrale, come ad esempio gli archi curati da Carmine Iuvone. I riferimenti musicali oltreoceano ma anche i riferimenti al grande cantautorato italiano compongono un disco semplice – per l’appunto – ma per nulla minimale, creando un prodotto artistico maturo, qualitativamente alto e specialmente ragionato sulla base della comprensione verso ciò che bisogna ritenere superfluo e cosa no. «A ‘sto giro non mi devo lamentare sono fortunato a fare questo mestiere a prescindere da tutto», questa l’affermazione di Motta che veicola il messaggio essenziale di Semplice: ripartire dal sé, esaminare la propria coscienza eliminando l’auto giudizio e lasciando scivolare via forse per sempre il miraggio di costruire qualcosa senza prima riuscire a seminare qualcosa alle fondamenta. E se questo è il mestiere più bello del mondo, Motta resta certamente uno dei suoi migliori esponenti, costituendo non un semplice album ma una splendida presa di coscienza. Asciutto, privo di featuring, ad eccezione di quello con Alice, sorella del cantautore, consigliato da De Gregori, per apportare una preziosa nota incisiva nel brano in questione, Semplice è il rock elegante di cui abbiamo bisogno, con riferimenti alla vita, alle cose esistenziali che ci fanno paura e a Roma che, dopo dieci anni, è ormai casa sua.