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Dargen D’Amico è la mina vagante di Sanremo 2022

Qualche settimana fa, subito dopo l’annuncio della sua partecipazione al Festival di Sanremo, i bookmaker lo davano tra gli sfavoriti alla vittoria. Ma chi scommette lo sa: le quote possono cambiare in un attimo, specie all’ultimo momento. E allora, dopo che la stampa ha ascoltato la sua Dove si balla, i pronostici si sono ribaltati. Adesso Dargen D’Amico non solo è tra i dieci favoriti alla vittoria, ma molti prevedono già che il suo percorso sanremese possa essere simile a quello intrapreso nel 2018 da Lo Stato Sociale e l’anno scorso da Colapesce e Dimartino. Nel tentativo di esportare il suo inimitabile cantautorap, Dargen aprirà le danze del proprio debutto televisivo con un brano in pieno stile dance anni Novanta che si propone di fotografare in maniera fedele il pazzo periodo che stiamo vivendo (“Ultimamente dormo sempre anche se non sogno/Senza live con il pile sul divano/Se dormi troppo poi ti svegli morto/Sono d’accordo”, canta ad un certo punto di Dove si balla).

La prima domanda è quasi scontata: perché Sanremo?
Perché è l’unico evento musicale in Italia in questo momento, non ci sono tante altre possibilità per salire su un palco. Poi è stata un’occasione per smuovermi ed uscire dal torpore creativo degli ultimi due anni: ho cercato qualcosa che mi portasse a concentrarmi su un progetto, ed è arrivato Sanremo. Non era preventivato, però evidentemente era il momento.

Come ci si sente a passare dalla condizione di autore (Dargen D’Amico compare tra gli autori di Chiamami per nome e Dieci in gara lo scorso anno) a quella di performer sul palco dell’Ariston?
Sono due sensazioni molto diverse. Caratterialmente sono più predisposto per la dimensione autorale: non ci metti la faccia, non devi promuoverti, non devi avere delle rispose. Però stare anche troppo concentrati nell’ambiente privato, com’è successo in questi ultimi due anni, alla lunga ha dei risvolti negativi sulla carriera.

Credi che la tua scrittura sia compatibile con il pubblico sanremese?
Quando scrivo cerco dentro di me delle risposte che di solito condivido con i miei simili quindi non so davvero cosa aspettarmi in questo frangente, ma per il momento questo aspetto non mi preoccupa. Sarà però interessante ricevere i feedback del grande pubblico.

A proposito di feedback, hai avuto modo di leggere le pagelle della stampa?
Me lo hanno vietato per paura che mi montassi la testa (ride ndr.).

Allora non ti spoilero nulla. Tornando al tuo cantautorap, non credi sia un po’ la fusione di tutte le tendenze che hanno dominato le ultime edizioni del Festival?
L’unione del racconto italiano alla sonorità urban è esattamente quello che sta dominando le classifiche in questo momento, è il nuovo pop. Poi personalmente ho da sempre utilizzato questa formula, fin dal mio primo disco (Musica senza musicisti ndr.), quando la tendenza non era questa.

È da poco uscito il brano tuo e di Rkomi (Maleducata ndr.) nella riedizione di Taxi Driver. Come è nata la collaborazione?
È nata in maniera molto naturale a dicembre scorso nel tragitto Sanremo-Milano (sia Dargen che Rkomi sono stati ospiti della finale di Sanremo Giovani dove hanno presentato il titolo della canzone in gara al Festival ndr.), abbiamo deciso di impiegare quel tempo scrivendo qualcosa. Mirko (Rkomi ndr.) aveva una cartella di produzioni, la scelta è ricaduta su quella di Drillionaire (già producer per Rkomi di Per un no e La U del disco Dove gli occhi non arrivano ndr.) e ci abbiamo scritto sopra. Durante il viaggio abbiamo lavorato al ritornello, poi in studio abbiamo scritto le strofe e registrato le voci.

Il podio di Sanremo che sogni è: Dargen, Mirko e?
Ti dico Giovanni Truppi.

Quanto conta per te la classifica finale?
La classifica è più un divertimento per il pubblico, per l’artista il podio conta giusto quella mezz’ora.

Comunque vada, che farai dopo Sanremo?
È da inizio dicembre che non faccio altro che scrivere canzoni quindi, se dovessi scegliere io gli eventi, farei uscire un disco e poi lo porterei in giro.