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Billie Eilish ha cantato un inedito durante il concerto di Manchester

Come Peter Parker o Clark Kent, anche una superoina come Billie Eilish è prima di tutto Billie: una persona in carne ed ossa che se la pungi con un ago, sanguina. Anche lei è fatta di insicurezze e si preoccupa per le piccole o grandi difficoltà che le riempiono il quotidiano. E allora che tu abbia più di cento milioni di follower su Instagram oppure no, che tu sia la più giovane headliner di Glastonbury di sempre oppure no, che tu abbia vinto almeno un Grammy oppure no, beh non fa molta differenza, soprattutto quando ti ritrovi a fare i conti con la realtà – quella che ti aspetta quando le luci del palco si spengono. Lo si evince dalle liriche pure e al contempo fragili di TV, il brano inedito presentato a Manchester pochi giorni fa in quella stessa arena che aveva fatto da cornice ad uno dei più tristi ed avvilenti attentati della storia della musica live.

In una veste chitarra e voce, che ci auguriamo possa essere il più aderente possibile a quella della versione in studio, Billie e il fratello FINNEAS – prodigio ineguagliabile del sound design contemporaneo – hanno presentato quello che par essere già un potenziale brano cult della loro discografia, prima ancora di uscire. Si parla di cose vicine e lontane: di un amore finito per il quale si soffre a tal punto da faticare persino a mangiare. Ma si tratta anche dei nostri giorni: della TV, che anestetizza e assuefà, si citano i processi tra star di Hollywood – che diventano trend globali in rete, ma che distolgono l’attenzione dalle cose che per Billie sono veramente importanti (“Internet impazzisce per i processi delle star del cinema e intanto ribaltano la sentenza Roe vs Wade”, canta con voce rotta in un passaggio cruciale del brano). E allora ecco che la cronaca diventa storia, intrecciandosi con i grandi temi dell’esistenza: Johnny Depp ed Amber Heard, ma anche quella fine di un amore che ti lascia inerme sul divano di casa. Il desiderio di sparire, dunque, che trova un rifugio accogliente nella comfort zone delle quattro mura domestiche, e la depressione latente che si arrende alla routine.

E poi, sempre tra quelle righe, il grande tema dell’aborto, che divide su più fronti il territorio statunitense. Roe contro Wade è infatti uno storico processo del 1973 che vide protagonista Norma McCorvey (per privacy schermata dallo pseudonimo Jane Roe) e che rappresenta uno dei più rilevanti milestones nella lotta alla riappropriazione del diritto di fare ciò che si vuole del proprio corpo. Una Billie più riflessiva dunque, che per un attimo si scorda di essere Happier Than Ever, e torna a lottare (seppur con consapevolezza diversa) contro i demoni del 2019, quando il mondo le tributava, a ragione, un fragoroso applauso per il disco d’esordio più sconvolgente del decennio: When We All Fall Asleep Where Do We Go?