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Sono tornati i Verdena, ma non chiamateli antieroi del rock

Quando entro in una delle sale riunioni di Universal per parlare con i Verdena, vedo un trio composto, concentrato e quasi disincantato. Il settimo disco di inediti nella carriera della band composta da Alberto Ferrari, Luca Ferrari e Roberta Sammarelli s’intitola Volevo magia – segna il ritorno sulla scena musicale dopo la collaborazione con Damiano e Fabio D’Innocenzo per la colonna sonora di America Latina, ma soprattutto arriva a sette anni di distanza dall’uscita del mastodontico Endkadenz (Vol. 1 e 2). Per i fan più assennati, vengono etichettati come la band perfetta, che non li ha mai traditi. Quando gli viene chiesto se loro stessi si siano mai sentiti traditi dagli stessi fan o dalla discografia, rispondono che in realtà si sentono premiati, «specialmente al giorno d’oggi». «Siamo fermi da sette anni, non ci siamo fatti sentire, abbiamo buttato fuori le date dei nostri prossimi concerti e il pubblico ha comprato i biglietti senza neanche aver sentito una nota. Credo sia l’esatto opposto di un tradimento, bensì un calore che sinceramente non ci aspettavamo», mi dice Roberta.

Ripercorrere la nascita dell’album è complicato, specialmente a parole. Ma una cosa è certa, Roberta, Luca e Alberto sono consapevoli del passare del tempo e dei cambiamenti socio-culturali che hanno attraversato l’industria musicale negli ultimi sette anni. «Siamo sicuramente cambiati: abbiamo preso un po’ di batoste, che comunque ti cambiano sempre. Figli, famiglia, guerre, lockdown e pure due gatti morti. E devo dire che sono ancora triste, Ozzy è sempre stato accanto a me per ventidue anni, è come aver perso un compagno di vita  – ci dice Alberto  – Non siamo stati sette anni a lavorare sul disco, sono successe tante cose esterne alla band in questi anni: sia progetti paralleli temporanei, sia faccende personali. Il tempo che abbiamo dedicato al disco nel complesso sarà stato due anni e mezzo o tre». Al suo interno, si trova una perfetta miscela di alternative rock, hard-core e blues. La cifra stilistica della band bergamasca, che nel corso dei ventisette anni di carriera ha saputo osare e plasmare il proprio suono senza soccombere al mercato o alla vita patinata del cantante contemporaneo, è rimasta pressoché immutata.

Guardando il lyric video del primo singolo estratto dall’LP, Chaise Lounge – conta già oltre 100mila visualizzazioni – gli faccio notare che un commento in particolare di uno dei loro numerosi fan mi ha colpito. In sostanza, senza troppi giri di parole, li definisce degli antieroi. «Dai, ma è un insulto dire che siamo degli antieroi. Se sei un antieroe, vuol dire che sei un fifone e scappi, che combatti l’eroe. Ditegli a questo ragazzo di star calmo (ride ndr.)». Mi colpisce il fatto che Luca, rimasto silenzioso e imperscrutabile per buona parte dell’intervista, esploda in una risata che quasi non riesce a contenere. Parlando delle tematiche di Volevo magia, durante la nostra chiacchierata si fa anche riferimento all’esoterismo. «Stavamo cercando di scegliere un titolo, ma non eravamo convinti di niente e qualcuno ce lo ha suggerito. Solo che non ricordo bene chi in questo momento. Ci piaceva il titolo di quel pezzo perché chiudeva tutto, così come i testi. In qualche maniera ha senso. Ci piaceva anche il fatto che fosse anche un pezzo un po’ strano del disco». Spiccano tra tutti i pezzi la traccia post-pandemica Crystal Ball e Pascolare, caratterizzato da un rock puro e crudo e l’omaggio beatlesiano Paul e Linda (un chiaro riferimento a McCartney e alla moglie Linda Eastman).

Paul e Linda in particolare contiene una frase emblematica (“Vola di più, come Paul e Linda”) che ha il suono di un invito all’ascoltatore. «Mi riferisco alla frase prima – spiega Alberto – quando dico: “Cazzo vedo blu”, mi sto incazzando veramente. Ed è allora che nasce l’invito a rilassarsi e a volare di più». Trovo che sia davvero difficile scavare nella cortina impenetrabile dei Verdena, ma mi rendo conto che è proprio questo l’aspetto più intrigante del loro modo di fare musica. «Sì, infatti adesso abbiamo appena spiegato qualcosina, ma magari tra un mese cambiamo concezione. Anche il titolo del disco stesso poi è interpretabile». Sui fan della Gen Z e sulla loro accoglienza del progetto, invece, non si sbilanciano molto. Preferiscono lasciarci il beneficio del dubbio. «Forse ai giovani non piacerà, anche se ce ne sono ancora un po’ di ragazzi che ascoltano rock».