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Sull’orlo del precipizio con Emma Nolde

Quando Emma Nolde si siede al pianoforte o imbraccia la chitarra, sembra di essere sospesi nell’aria, in bilico tra parole e musica. L’artista Toscana tornata con Dormi, un progetto di dieci tracce interamente prodotto da Motta e rilasciato a distanza di due anni dalla pubblicazione del suo debutto con l’intenso Toccaterra. «Tra i due dischi c’è sicuramente un parallelismo – mi racconta dopo il suo primo showcase milanese – In primis sulla copertina del disco troviamo due elementi naturali: la terra e il fuoco. Poi in entrambe ho gli occhi chiusi e sono scoperta. Dormi è in qualche modo un prolungamento di Toccaterra. Prima ho scritto di ciò che non riuscivo a dire, mentre ora ho scritto di ciò che non riuscivo a fare. Nel primo disco mi sono immaginata una storia d’amore che in realtà in quel momento purtroppo non esisteva, era esclusivamente nella mia testa. In Dormi della stessa storia d’amore, realmente esistita, ma questa persona è dovuta partire». In sostanza, nulla è lasciato al caso quando si tratta di Emma Maestrelli. «Nell’immagine che abbiamo utilizzato volevo risultare in una posizione fetale, ma mi dava l’idea di un desiderio di inibizione, come se dovessi far finta che i problemi non esistessero. È un invito a non arrabbiarmi con l’esterno, ma cerca di guardarti dentro andando in alcuni casi indietro nel passato e in altri verso il futuro». 

Sono stati due anni di intensa attività live e in studio per la musicista toscana, durante i quali ha potuto osservare, assorbire e prepararsi proprio all’uscita di quello che può essere definito un disco di dualismi perfettamente in equilibrio tra di loro: delicato e potente, vulcanico e profondamente emotivo, incisivo e vulnerabile tanto nella forma quanto nel contenuto. La collaborazione con Motta ha scandito un percorso umano ed artistico: «Ci siamo conosciuti nel 2018, quando avevo aperto uno dei suoi concerti. Aveva ascoltato Toccaterra e mi aveva detto di continuare a scrivere, perché un giorno ci siamo incontrati. Effettivamente così è stato. Gli avevo passato i provini di Dormi, pensando che avremmo dovuto assolutamente lavorare insieme. Quindi ci siamo beccati per conoscerci meglio, ci siamo trovati super bene, soprattutto a livello umano. Non ha un approccio da producer, ma da produttore-arrangiatore. È sempre stato attento nel proteggere le demo che avevo fatto. Ogni cosa che veniva aggiunta nel progetto doveva avere un senso, è stato un lavoro al millimetro». Ma com’è una giornata tipo a contatto con la musica per Emma Nolde? «Più che in studio, i pezzi inizialmente nascono in camera mia. Mi sento sempre sull’orlo di un precipizio quando non esiste ancora una cosa e devo farla. Riempire il vuoto è sempre una sfida. Quando prendo la chitarra e c’è silenzio, suono il primo accordo e inizio a muovermi, a provare cose».

Nonostante sia stata definita una delle nuove voci (e penne) più interessanti della musica italiana, la calma con cui riesce a raccontarsi mi sorprende e mi fa pensare se ci sia mai stato un momento in cui dedicarsi al sacro fuoco dell’arte sia stato di troppo anche per lei. «A volte succede», mi conferma. «Di solito mi sento così prima di un’eventuale messa in ordine di pensieri e parole. In quei casi è sempre meglio appuntarsi cose, vomitare ciò che sento, anche quando si sente un blocco di scrittura o più in generale La musica ti permette di avere questo tappeto vuoto che puoi riempire e io cerco di farlo sempre nel modo più vero possibile». Lo sguardo che mi rivolge è quello di una ragazza di grandissima consapevolezza, nonostante la sua età. «Mi sento più consapevole di quello che faccio, di come scrivo e di chi sono oggi. Come persona penso di essere cresciuta e questo si riversa nella mia vita di tuti i giorni. Mi sento un po’ più grande, mi sento al centro di quello che sto facendo e questo mi piace». Si ferma un attimo a pensare. «Ho quasi ventidue anni e mi sento in fin di vita».