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Rose Villain è qui per restare

Con “Radio Gotham”, Rose Villain dice finalmente la sua, tra immaginari dark, ansie, paure e demoni interiori.

Tuta nera, occhi che luccicano e un sorriso che non nasconde l’emozione di aver aggiunto un tassello importante al proprio percorso artistico. Rose Villain si accomoda sul divanetto della sua etichetta discografica per parlare di Radio Gotham, che nel corso della chiacchierata definisce il suo «bambino». Un viaggio attraverso le frequenze sonore della cantautrice milanese, ora trapiantata a New York, che spaziano dal rap al pop, dall’elettronica al rock. Un disco da stacanovista che può essere paragonato ad un prisma che brilla di luce propria, grazie alle sue metriche taglienti, alla produzione certosina di Sixpm (ma non solo), ai featuring con alcune delle voci di punta del panorama musicale italiano. Una prima prova di livello, dove si parla di depressione e tristezza senza timori, dove il confronto con i propri demoni e con l’ansia di una vita frenetica è all’ordine del giorno. Tutto questo è Radio Gotham, un disco che suona già come un classico del genere. Rose è la sua Cat Woman con il microfono, che è qui per rimanere.

Partiamo dal titolo.
Ci ho messo un po’ a trovarlo, volevo che avesse l’impronta di New York, la città che mi ha formato e mi ha reso l’artista che sono.

E quel “Radio” prima di “Gotham?
Ho pensato alla figata del mondo della radio, che è imprevedibile e ti fa scoprire cose che non consoci e te ne fa innamorare. Ricordo quando da piccola avevo scoperto una canzone alla radio e mi ero subito detta: oddio, dove la salvo? Mi scrivevo persino le parti dei testi per recuperarle. Alla fine è uscito lui: Radio Gotham.

Avevi anticipato che questo disco sarebbe stato completamente in Italiano e che ti sarebbe piaciuto trasportare nel pop il tuo immaginario dark – e penso che tu ci sia riuscita. Come si è verificato questo processo in termini di scrittura, sonorità e creatività?
Io sono una che scrive sempre, specialmente quando salgo in aereo. Quello di Radio Gotham stato un processo di scrittura sperimentale. In studio ho lavorato con Sixpm, che è anche mio marito. Abbiamo esplorato, giocato e sperimentato con questi suoni. Abbiamo deciso chiaramente di lavorare ad un album, ma le canzoni sono arrivate in maniera naturale. Stavano bene insieme ed erano racchiuse sotto questo ombrello di inquietudine, dolcezza e malinconia. Quando c’è stata l’occasione di fare un disco, era già tutto scritto.

Hai parlato di Radio Gotham come di un viaggio nei vicoli più oscuri di te stessa, nella tua fragilità e nella tua inquietudine, ma rappresenta anche la tua fame di musica e la tua ambizione. Come convivono Rosa e Rose in questo costante dualismo?
Riescono a convivere grazie all’arte. Se fossi stata una persona normale, non so come avrei esternato tutto questo. Sono molto introversa e presto più attenzione alla sofferenza degli altri che alla mia. Sono sempre stata l’aiuto, la spalla, l’amica che ti chiede come stai e che ti ascolta. Non sono mai stata io quella a cui chiedevamo: e tu come stai? Sarebbe stato drammatico se non avessi trovato una valvola di sfogo e qui è arrivato il mio alter ego, che in realtà non è un alter ego vero e proprio, bensì la realtà stessa. Sono più “mascherata” quando sono Rosa Luini piuttosto che quando sono Rose Villain.

Il disco è ricco di featuring, da Guè e Tony Effe a Geolier e Tedua, passando per Carl Brave, ma quello che più mi ha sorpreso è quello con Elisa…
Lei l’ho conosciuta tramite Andy (Sixpm ndr.) ad una cena e ci siamo innamorate umanamente. È una donna e un’artista speciale.

E il pezzo (s’intitola Monet) che ne è uscito?
Racconta il lutto di mia mamma, è abbastanza specifica. Avevo scritto solo metà del testo e lei non sapeva niente di mia mamma. Un giorno, dal nulla, ha chiesto ad Andy di farle sentire qualche mia canzone. Lui le ha mandato Rari, Michelle Pfeiffer e Monet. Dopo aver ascoltato quest’ultima, mi ha detto che si era sentita di scrivere la seconda strofa, come se una forza le avesse fatto prendere in mano la penna. Devi sapere che mia mamma era la più grande fan di Elisa al mondo, credo sia stata lei a mandarle un segnale.

Tra i featuring c’è anche un altro pezzo da novanta, Salmo.
Sento di avere qualcosa in comune con lui.

A cosa ti riferisci?
Credo di essermi ispirata a lui nel modo di approcciarmi alla musica e all’attenzione dei dettagli, anche io sono stacanovista su tutto. Con Maurizio (Salmo ndr.) ci siamo incontrati tante volte nel corso degli anni, anche perché facciamo parte dello squadrone (Machete ndr.). Lamette è stato l’ultimo featuring del disco ad arrivare, nonché quello più difficile da realizzare perché nel frattempo lui era in tour.

Dal punto di vista della produzione, per Radio Gotham hai collaborato con MILES, Zef e Steve Aiello dei Thirty Seconds to Mars, ma il produttore esecutivo è tuo marito Sixpm. Come si trova una quadra tra il privato e il professionale?
Staccare è un po’ complicato perché spesso la musica entra inevitabilmente anche nelle nostre vite private. Andiamo a cena e ci viene da parlare di musica o di cose da fare. Allora ci mettiamo dei paletti, come quello di uscire senza i cellulari. Ci sforziamo e ci teniamo, perché entrambi diamo il massimo per l’altro. Cerco di dimostrargli ogni volta quello che valgo e lui fa lo stesso con me. Ci scorniamo, ma solo in studio, perché fuori non litighiamo. È meraviglioso condividere gioie e dolori insieme, da una forza e una carica incredibili.

“C’ho un caos qua dentro”, canti nella opening track. Creare Radio Gotham ha contribuito ad alleggerire il caos di cui parli nel brano?
Devo dire che la musica rimane la mia principale valvola di sfogo. Il problema delle persone è che fanno fatica a dire «sto male». Non è vero che i tuoi problemi scompaiono, ma almeno lo hai detto e così facendo stai compiendo un passo verso la guarigione. Perciò, ti dico di sì, lavorare Radio Gotham mi ha sicuramente alleggerito.

In Due facce invece canti: “Oggi artista dell’anno/Domani io non lo so”. In un mondo in cui è necessario stare al passo con tutto e con tutti, come riesci a stare a galla?
Con l’ansia fissa (ride ndr.). Un giorno ti senti molto apprezzato e un altro giorno no. Ogni volta che vado in studio, mi chiedo se sarò capace di scrivere un’altra canzone. Poi ti rendi conto di esserlo e ne sei contento. Ci sono sempre dei dubbi, della serie: cazzo, metti che il trend cambia e la gente non mi apprezza più. È molto frustrante. Di fatto tutti gli artisti sono un po’ inquieti, perciò in questo pezzo canto le due facce di chi vive questi alti e bassi.

La soddisfazione più grande?
L’apprezzamento dei miei colleghi e di chi lavora nell’industria musicale, di chi è attento a ciò che faccio. Mi sento apprezzata e avere il consenso di artisti che mi danno credibilità, che ci mettono la faccia e la firma; è stata una bella vittoria. Poi non sono firmette. È un attestato di stima e fiducia reciproca.

Il rap e la trap hanno preso il sopravvento nelle classifiche, ma le quote femminili in Italia – anche nel cantautorato – faticano un po’ di più. Arriverà un momento in cui avremo veramente i riconoscimenti che ci spettano, senza dover necessariamente alzare la voce per farci sentire?
Spero che il gender gap si riduca gradualmente sempre di più, anche se l’Italia non è messa benissimo, nonostante ciò stiamo seguendo abbastanza il filone degli Stati Uniti nella musica. Sto osservando questa enorme rivincita delle donne all’estero e anche noi stiamo arrivando. Ci stanno dando sempre più fiducia. Sarebbe più bello se ci fosse anche il supporto degli artisti uomini, ma quando i prodotti sono di qualità, uomo o donna che sia, non si può più fare finta di niente.

Spesso e volentieri, quando un artista rilascia la sua prima vera fatica, si parla di disco della consacrazione. Ti ritrovi in questa definizione per il tuo long-play?
In Radio Gotham ho racchiuso me stessa, tutte le mie sfaccettature e i miei gusti. Andy ha fatto un lavoro di produzione incredibile e penso che meglio di così non avrei potuto fare.