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Mobrici è esattamente dove vuole essere

L’ex leader dei Canova ora parla di libertà sessuale e della consapevolezza con cui si può affrontare il passato.

«Sono contento. Una volta uscito questo progetto, sarà anche una liberazione. Da domani mattina, invece, mi sentirò nuovamente disoccupato. Ci saranno dei concerti, certamente, ma per me inizia ufficialmente una nuova storia», mi dice Mobrici quando lo incontro nel caos e nello smog di Milano, a poche ore dall’uscita del suo nuovo progetto discografico, Gli anni di Cristo. «Sono sicuramente proiettato avanti, avendo già scritto altrettante nuove canzoni, ma sono anche molto concentrato sul presente, perché questo disco mi rappresenta molto pure a livello sonoro. Gli anni di Cristo esce ad un anno di distanza dal precedente Anche le scimmie cadono dagli alberi, un progetto figlio della situazione non proprio felicissima in cui ci trovavamo. L’ho riascoltato poco tempo fa, ma il bello è proprio questo, cambiamo di pari passo con la musica». Il trentatré è un numero che porta con sé una molteplicità di significati. Secondo la numerologia, simboleggia principalmente delle emozioni positive: armonia, equilibrio, sincerità e amore. Può anche essere associate a tutte quelle persone che possiedono delle qualità ben definite: gentilezza, saggezza, trascendenza e spirito di sacrificio. Chiacchierando con Mobrici, si nota tutto questo e molto di più.

«Sto vivendo la mia età molto serenamente. Avere questo tipo di vita mi permette di pensare tanto e di avere tanto tempo libero. Sono molto riflessivo e punto alla mia evoluzione di giorno in giorno. È stato un anno molto intenso, trascorso in tour con l’altro disco, e molto emozionante dopo ben tre anni di stop a causa della pandemia. Mentre io scrivevo queste canzoni, la mia vita privata andava avanti con nuove situazioni, pensieri e dubbi. Se sono arrivato con un disco dopo solo un anno, vuol dire che ho vissuto intensamente. Non mi piace l’idea di chiudermi esclusivamente in casa a guardare serie tv. Preferisco essere in strada, conoscere nuove persone, vedere come si comporta la gente che mi circonda». Non è un caso che la sua ultima fatica discografia sia un disco generazione. Un ritratto a penna dei millenials e del loro mondo fatto di paure, incertezze e domande. Il cantautore milanese ancora una volta se n’è fatto portavoce, parlando di libertà sessuale, della ricerca di un amore non ancora conosciuto, dalla consapevolezza con cui si possono affrontare le proprie storie del passato – ridimensionandole ed osservandole con uno sguardo più maturo e critico – dei tempi che cambiano e delle aspettative dei trentenni di oggi.

«Non c’è niente di ragionato in quello che faccio, forse si sente e forse è anche un difetto (ride ndr.)», mi racconta. «Ho la stessa passione per la musica che avevo a sedici anni e non voglio dimenticarmi di essere stato quel ragazzino che aveva un grande sogno: raccontare agli altri la propria vita per farli sentire rappresentati. Io sono cresciuto con tanti artisti che mi hanno rappresentato nella mia crescita personale e artistica. Mi fa piacere che nei miei album ci sia pure una crescita argomentativa. Non avrei mai potuto scrivere un pezzo come Figli del futuro con i Canova oppure tre anni fa. Siamo in un contesto particolare, in cui si nota una rottura con il Novecento e con il suo schema di vita imposto da non si sa chi. La cosiddetta “vita dell’obbligo”. Sto parlando di tappe fisse come il liceo, la laurea, il matrimonio e poi la pensione. Non è detto che debba andare così, non si veste bene con il mondo di oggi. Siamo in piena rivoluzione sessuale, in una situazione economica dubbia e in una situazione socio-politica altrettanto pericolosa. I miei amici stanno continuando ad avere lo stesso stile di vita dei miei genitori e forse sbaglierò io, ma lo percepisco come un’imposizione. Per me l’amore è un sentimento molto raro. Se ci sono in giro tutte queste coppie, vuol dire che sono tutti molto fortunati o si sono lanciati e hanno saputo rischiare. Io ho un po’ di dubbi al riguardo». 

Ed è proprio in Figli del futuro che l’artista si pone un quesito gigante. “Avere figli oggi o non averne mai nessuno/ma noi che cosa siamo se non figli di qualcuno/E allora questo qualcuno che cosa ci ha fatto a fare se rimaniamo poi in un angolo ad una festa a sognare?” è il mantra presente in tutto il pezzo. «Non do una soluzione, ma pongo un quesito all’ascoltatore e mi fa piacere che tu stessa non abbia un verdetto rispetto a quanto hai sentito. Sono cresciuto con l’idea che si facciano i figli per amore, ma guardando il mondo di oggi penso che per amore del prossimo e del futuro si debba smettere. Non siamo venuti al mondo per stare da soli ad una festa, scrollando il telefono». Riferendomi ad un’estratto di Sophia, in cui Matteo canta l’ennesimo interrogativo che lo attanaglia (“Ma noi cosa siamo se ci sentiamo niente già di nostro?”), gli rigiro la domanda. Cosa sente di essere oggi Mobrici, dopo più di dieci anni a stretto contatto con la musica? «La mia fortuna è che sono esattamente chi sognavo di essere a quattordici anni. Sia esteticamente, quando mi sognavo con la barba, seduto e curvo su un pianoforte, sia vocalmente. E poi posso dirti di sentirmi in pace: non soffro d’ansia, non sono invidioso o frustrato. Mettere la mia verità nelle canzoni, a prescindere dal suo risultato discografico o dal riscontro del pubblico, è ciò che più mi interessa. Io le scriverei anche senza avere un contratto».

Poi si apre ad una riflessione molto schietta e sincera. «Mi da fastidio quando gli artisti si lamentano della propria vita con il loro pubblico, dicendo: vado in terapia. Un tempo gli artisti erano un faro per la società, degli esempi da seguire, un appiglio. Oggi leggo troppe interviste di persone che non sanno bene. Allora fai altro, non prendere in giro chi ti circonda». L’anno di Cristo del musicista di Piccola e Luci al Colosseo, si concluderà con due date sold out a Roma e Milano. «È successo ancor prima dell’annuncio del disco. Ringrazio chi mi ha dato fiducia e ha pagato un biglietto con anticipo. Mi sento di voler ricambiare il sacrificio di chi sarà presente. Sono due date importanti, in cui suonerò undici canzoni nuove. Sto già ragionando sulla scaletta. Sarà bellissimo per me, ma anche per chi mi potrà ascoltare. Queste canzoni alla fine sono pezzi di vita delle persone, nelle quali si immedesimano o si rivedono. Ci sarà una band con me e un musicista in più rispetto all’anno scorso. E poi ci sarà il 30 novembre una data all’Alcatraz che mi servirà per chiudere mentalmente quanto accaduto nel 2023».