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Foto di Roberto Panucci

Blanco, l’enfant prodige che si è preso l’Olimpico a modo suo

Sul palco dell’Olimpico Blanco porta sé stesso a trecentossesanta gradi e sì, anche stavolta, sul finale, spacca tutto – per bisogno più che per status.

In letteratura lo chiamano spannung. È quel momento di massima tensione che sfocia in un atto risolutivo, in un gesto epico. Se la storia di Blanco dovesse culminare con una notte di musica, la scorsa sarebbe stata quella perfetta. Ma la storia di Blanco è appena iniziata – a testimoniarlo uno show di quelli che non passano inosservati. E allora provo a farvi una carrellata con lo scopo di portarvi (o riportarvi) per un attimo con me sulle tribune dello Stadio Olimpico di Roma; musica classica che risuona prima dello show, Can’t Help Falling in Love che lo chiuderà, e poi due archi sesto acuto sulle torri laterali, la scritta Innamorato che campeggia al centro e uno schermo gigante al che ospita visual psichedelici di grandissimo impatto visivo. Alcuni sono tratti ora dall’immaginario tardo medievale, altri sono in pieno stile fumettistico alla Spider-Man: Across the Spider-Verse, per intenderci. Tutto è rigorosamente stroboscopico ed alterna dei blu accesissimi (è ovviamente questo il colore di Blanco – Blu Celeste è infatti il titolo del suo album d’esordio) a dei rossi vibranti e dei verdi fluo. Sono talmente saturi che rubano colore a tutto il resto, tanto che sembra una scena di Sin City, con tutto il resto in bianco e nero. Fin dal primo brano entra un coro vestito con una ambiguissima veste bianca con cappuccio, e poi una orchestra che veste di magico il repertorio del classe 2003.

Foto di Roberto Panucci

C’è persino il tempo per un mini rave acchitato sul palco dal miglior producer italiano, che risponde al nome di Mace, che ovviamente lancia La canzone nostra, che fa strappare capelli, reggiseni e corde vocali come fossero di carta velina. C’è pure Drillionaire con Lazza, che entra, spacca, esce, ciao. Il piatto perfetto sembra ormai pronto per essere servito. Mancherebbe solo un gesto punk, in grado di ricordare a tutti che lui è il più giovane ad esibirsi allo Stadio Olimpico. In ordine di apparizione: si toglie di dosso microfonazioni di sorta, scende lateralmente dal palco, costeggia la transenna del prato gold ed inizia a correre. Poi salta la barriera e parte una cento metri al cardiopalma che – dopo un inseguimento sfrenato – finisce nell’unico modo possibile, un placcaggio sotto la curva Sud della sua amata Roma. In ogni caso lui supera le barricate con un gesto che pare proprio quello con cui i campioni in Serie A oltrepassano i banner pubblicitari. Ora è in un vortice di braccia assatanate, mentre sullo sfondo risuonano le note di Lacrime di piombo eseguite dall’orchestra. Sembra quasi un gol della Roma sulle note dell’inno della Champions League, ma visto che la squadra di Mou non la giocherà neanche l’anno prossimo, quello di Blanco è senz’altro il gol più bello e importante per tutti i presenti.

Foto di Roberto Panucci

Un gol partita, verrebbe da dire, ma la sua maglia in questo caso non ha colori, anzi, la maglia non ce l’ha proprio. Il suo corpo è ricoperto solo di tatuaggi, l’unica armatura che ha indosso. A dire il vero di gesto punk ce n’è un altro. Verso la fine. Sullo stage c’è una scritta in polistirolo: Mi fai impazzire. Blanco spoilera tutto forse per tutelarsi e dice che finirà come Sanremo. Galeotto fu il Sanremo e chi lo propose, verrebbe da dire citando il vate (che no, non è Fabio Caressa, ma Dante Alighieri), eppure in quel gesto che senza descrivere avrete tutti immaginato, c’è Blanco a trecentosessanta gradi. Un ragazzo tormentato e viscerale, che spacca tutto per bisogno più che per status. Non c’è nulla di costruito attorno a lui, e infatti lo ripete cento volte durante la serata: «Sono uno come voi. Ci ho solo creduto di più. E potete farlo anche voi. Potete fare ciò che volete». Una frase che suonerebbe retorica sulle labbra di chiunque altro, da Dylan al vostro amico che scrive canzoni e le suona al pub. L’unico che quasi ti ci fa credere – che puoi farcela anche tu – è Blanchito Babe.