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I Pastel stanno riportando il Madchester in vita

I nostalgici del britpop sono già pazzi di loro, Liam Gallagher gli ha fatto aprire Knebworth e ora sono pronti a pubblicare il loro primo album: la prima intervista italiana ai Pastel

I nostalgici del britpop e affini sono già pazzi di loro. Uno dei quintetti più interessanti del panorama musicale inglese, a maggior ragione se si tratta di giovani artisti emergenti. I Pastel – firmati sotto l’etichetta indipendente Spirit Of Spike Island di Manchester – infatti, si presentano come una guitar band dalle connotazioni piuttosto chiare e marcatamente mancuniane, nel sound e nell’attitudine, tanto da essersi guadagnati l’endorsement di un vero e proprio monumento targato Manchester, Liam Gallagher, il quale non ha tardato a fargli calcare come support band uno dei palchi più prestigiosi in assoluto della musica britannica, quello di Knebworth. Non un’impresa da tutti i giorni, per intenderci. «Quell’esperienza è stata a dir poco incredibile. Abbiamo seriamente pensato di meritarlo. Quando suoni in una band il tuo sogno è di stare su palchi come quello di Knebworth, appunto. Ti fa venire fame di palcoscenici altrettanto prestigiosi», mi dicono.

Il percorso dei Pastel, caratterizzato da costanza, passione e tanto shoegaze, comincia – stando ai video presenti sul loro canale YouTube, ma anche ai brani che compaiono sul loro profilo Spotify – ad appena tre anni di distanza dal recente rilascio del loro nuovo singolo Your Day – un autentico banger che in un solo colpo riesce a rievocare Oasis, Stone Roses, Verve e Blur in un’unica, interessante e convincente miscela – decisi a far valere le proprie potenzialità artistiche senza scendere a compromessi di valore commerciale. Loro, a dire il vero, non sembra essere interessata alle tendenze che oggi muovono il grande pubblico, suonando (anche molto bene) per un numero ristretto di appassionati del genere madchester, affascinante combinazione di alternative rock, psichedelia, funk, hip-hop, alternative dance e acid house. E tanto basta. Si tratta di una sorta di revival tanto del britpop, quanto delle influenze che ne hanno costituito le origini, ma con la freschezza che i nostri tempi giocoforza richiedono.

Già con brani come Run Rabbit Run e Deeper Than Holy era chiaro che i giovani musicisti fossero intenzionati a voler regalare qualcosa di interessante al proprio pubblico (sempre più in crescita), seppur ampiamente derivativo; dotato, in altre parole, di un’identità ben precisa. Sarebbe stato difficile per chiunque evitare un effetto “brutta copia”, ma i Pastel riescono laddove centinaia e centinaia di guitar band hanno fallito, tanto nel corso degli anni Novanta, quanto più recentemente, con un risultato esplosivo e intrigante. I richiami alla voce di Damon Albarn da parte del frontman Jack Yates, i riff di marca Oasis e il sound interamente ispirato a Stone Roses, Verve e non solo, sono solo alcuni degli ingredienti principali che permettono ai Pastel di fare breccia nel cuore dei più accaniti nostalgici della neo-psichedelia applicata al britpop, riuscendo comunque a non rimanere soffocati da simili influenze.

Insomma, la band – con soli due EP all’attivo, Deeper Than Holy e Isaiah EP – ha cominciato a camminare sulle proprie gambe – e a farsi le ossa dal vivo – con sicurezza sempre maggiore e con il supporto dei grandi del genere. Ora sta a loro dimostrare come riconfermarsi di volta in volta agli occhi del proprio pubblico, magari attraverso un progetto più ampio e articolato, ossia un album, che potrebbe forse vedere la luce nel 2024. «L’album è stato registrato, bisogna solo completare la fase di mastering, ma dovrebbe finalmente essere fuori per la primavera del prossimo anno», mi dicono. E allora, non ci resta che aspettare per scoprire finalmente il primo vero progetto targato Pastel.