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L’indie degli Alt-J strega la Capitale

Lavoro con i computer, ho un Mac, ma la combinazione da tastiera Alt-J nel mio lavoro di graphic designer non serve proprio a nulla. Ovviamente però, qualche anno fa, quando mi sono appassionato ai tre ragazzi di Leeds (che ieri sera sono riuscito a sentire per la prima volta live), ho digitato sulla tastiera e puf: ∆ (delta), amore incondizionato. Il Palalottomatica di Roma è una cornice tutto sommato dignitosa e la natura concentrata degli spazi risalta più le luci che i suoni (ma questo lo sapevamo già). Fortunatamente quello di ieri sera è stato uno spettacolo audiovisivo, fatto di led, teste rotanti ed elettronica. Joe Newma e soci sono avvolti da un labirinto di fasci luminosi che, assieme al massiccio utilizzo di macchine del fumo, fanno un certo effetto pianura padana che comunque contribuisce a generare un risultato davvero gradevole. Se non altro perché si ha la percezione che la voce esca dai banchi di nebbia per raggiungere il parterre gremito e i settori quasi al completo. Sono al centro del primo settore e nel seggiolino alle mie spalle c’è il campione biancoceleste De Vrij, un olandese coi piedi buoni che ascolta buona musica. Un selfie, una promessa che il prossimo anno non lasci Roma e ci si immerge di nuovo nell’ecosistema Alt-J. C’è un muro sonoro tagliente e ricco, specie durante la mia amata Intro, ma anche durante l’esecuzione di Fitzpleasure e ovviamente Breezeblocks durante la quale si percepisce distintamente nel pubblico (caldissimo e scatenato) quel mix di adrenalina e nostalgia per qualcosa che sta per finire, perché è l’ultimo pezzo in scaletta e tutti nel palazzetto in cuor loro lo sanno. Insomma: i tre fenomeni dell’indie britannico convincono sotto tutti gli aspetti. Peccato solo sia durato tutto troppo poco. Ci vorrebbe la mia testiera per fare Cmd-Z e tornare indietro di un paio d’ore.