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Coez, il Kanye West italiano conquista Roma

Non sappiamo se sia (già) riuscito a comprare un jet col nome della sua musa ispiratrice e neanche se le parole più grandi di Coez siano già state scritte, fatto sta che la notte di ieri ha confermato la grandezza di un fenomeno musicale che sbugiarda mr. Cesare Cremonini. Eh sì, perché in questo mondo di eroi, c’è ancora qualcuno che vuole essere Robin. Coez è uno di questi.

Alla sua prima apparizione sul palco del primo maggio disse che trecentosessantacinque giorni prima lui quel palco lo stava costruendo come assistente. Da quel primo maggio, da quella cover di Cosa mi manchi a fare di Calcutta sopra un palazzo con le lucine alla Stranger Things (che ancora non era la serie tv cult degli under venti) è cambiato tutto. Ma proprio tutto. Un certo Niccolò Contessa (I Cani) si mette in testa di far sfondare Silvano, un tipo che non si sa se faccia il rapper o il cantautore, uno che canta d’amore ma si porta dietro un deejay che si chiama Banana.

Coez d’un tratto si tramuta in cigno, lui che, se non proprio un brutto anatroccolo, era sempre stato quantomeno un oggetto misterioso e non identificato. Fatto sta che la sua musica segna uno spartiacque nella storia della musica nostrana contemporanea: il prima Coez vedeva uno scenario dove chi ascoltava rap si vestiva in una certa maniera e aveva certi ideali, mentre chi ascoltava il cosiddetto indie, frequentava una certa cinematografia, una certa letteratura e un certo strato della società.

Coez a Roma, foto di Valeria Magri

Dopo Coez tutto ciò diventa una macedonia, un unicum. E infatti Silvano e la sua musica fanno bene come la macedonia e creano dipendenza come l’Unicum. Improvvisamente non se ne riesce più a fare a meno e una dietro l’altra nascono le hit (Faccio un casino, Le luci della città e La musica non c’è su tutte). Le stesse hit che ieri sera ha cantanto di fronte agli oltre trentatremila paganti dell’Ippodromo della Capannelle (il concerto di un italiano con più affluenza nella storia di Rock in Roma).

Lui è uno di quelli che ha fatto la gavetta e si è preso la torta una briciola alla volta. È simpatico, romano d’adozione e sa stare al suo posto senza tirarsela. Non cerca nemici, ma alleati, non dissa ma incensa i colleghi del suo stesso genere, perché sì, dopo Coez, questo mix di musica d’autore e rap, è diventato un cliché che esiste e come, è anzi diventato super inflazionato. Oggi, all’indomani del mega show romano, la domanda ci sorge spontanea: sarà lui il prossimo Re degli stadi?

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