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La grande bellezza di Roger Waters al Circo Massimo

Roger Waters è uno che sale sul palco, inizia a cantare e ti spiattella tutti i problemi di questo mondo in faccia. L’ha fatto mercoledì a ridosso delle mura storiche di Lucca, l’ha ripetuto ieri sera a Roma di fronte ai quarantacinquemila del Circo Massimo che per più di due ore e mezza l’hanno ascoltato in religioso silenzio, quasi a non voler disturbare la liturgia rock fatta di chitarre, sax e poesie. Perché sì, Time (che arriva puntuale dopo Breathe e One of These Days) è pura poesia. Lo show è una macchina che incastra – canzone dopo canzone – alla perfezione tutti gli ingranaggi. Nulla è lasciato al caso. Alle spalle dell’ex Pink Floyd un gigantesco muro di led dove s’inseguono visual a ritmo vertigioso: il wall prima immerge il pubblico nell’universo Waters, poi nella Londra degli anni ’70, grazie ad una riproduzione fedele della Battersea Power Station (la storica centrale che appare sulla copertina di Animals).

Nello show c’è molto dei Pink Floyd. Ma non vuole essere un tributo al suo passato («Non mi interessa dell’eredità lasciata dai Pink Floyd», ci aveva confessato durante l’incontro al Macro di Roma), bensì vuole essere un racconto sincero del mondo odierno. Per questo ogni singola canzone viene proiettata nel presente e attualizzata: The Great Gig in the Sky, Wish You Were HereAnother Brick in the Wall, quest’ultima accompagnata da un messaggio chiaro: resistere. Resistere nei confronti di tutti i fascismi e i razzismi. E ci tiene a ribadirlo anche a metà spettacolo – durante l’unica pausa che si concede in oltre due ore e mezza di live – quando sul mega schermo domina la scritta RESIST a caratteri cubitali.

L’appello al recupero del senso di umanità – che viene lanciato da Waters con un enorme maiale gonfiabile che volteggia sulle teste dei quarantacinquemila e che riporta sul fianco la scritta stay human – è il tema centrale di tutta la seconda parte dello show: «Dobbiamo recuperare il senso dell’umanità non per noi – spiega Waters – ma per i nostri figli e per i nostri nipoti. Dobbiamo permettere anche a loro di godere delle colline toscane come del deserto dell’Afghanistan. E c’è qualcuno che vuole distruggere tutto questo. Ovunque siate, dovete essere politicamente coinvolti se volete che i vostri figli crescono».

I messaggi politici si fanno decisamente più forti e mirati, prima con Dogs, poi con Pigs (Three Different Ones) e Money che Waters, da sempre promotore e disertore della libertà, dedica al Presidente americano Donald Trump, ma anche a tutti i potenti del pianeta, da Theresa May e Angela Merkel a Erdogan e Putin. «Credo che l’amore che sentiamo si sia diffuso dal Circo Massimo al mondo, così possiamo resistere a tutti i Trump del mondo che intendono distruggere qualsiasi cosa senza un briciolo di umanità», spiega prima di cimentarsi in una delicata versione di Mother, l’ultima canzone in scaletta prima del gran finale sulle note di Comfortably Numb. “This is not how I am/I have become comfortably numb”, canta Waters (e Roma con lui). The dream is gone.

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