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Dopo il disco Una vita in Capslock che l’aveva lanciata quasi un anno fa, Myss Keta è tornata sulla scena con un disco a luci rosse. Un album che sa di paprika, ma sa anche di film di Tinto Brass, per l’appunto. Ci troviamo davanti un mucchio di luoghi comuni, di frasi simbolo di una corrente musicale, di bottiglie costose e borse griffate. E ci sono anche un mucchio di featuring, con i nomi più in voga della scena rap nazionale. Dal criticato vincitore del Festival di Sanremo, passando per il collega Wayne Santana (la band di appartenenza non ha bisogno di presentazioni), fino agli artisti solisti già affermati, tra cui Gué Pequeno nel singolo promozionale Pazzeska.

Insomma, un disco ben prodotto, un disco che traccia dopo traccia ti fa alzare le sopracciglia e dire: «Ah, Myss Keta canta con questo!». Ebbene sì, Myss Keta è salita su quella giostra dove il featuring giusto può farti da acceleratore verso i cachet importanti. E tra le varie produzioni c’è persino Gabri Ponte, in una traccia dall’andamento techno il cui sound farà sicuramente sorridere i nostalgici degli anni novanta.

Onestamente, l’album della rapper milanese è un po’ più che piccante. È quasi una sfida con sé stessa, una dimostrazione che oggi si può essere artisti affermati anche e soprattutto quando mezza Italia critica il rap, e critica il parlare esplicitamente di droga, sesso e soldi. Basti pensare che l’album si apre con un breve monologo di Elenoire Ferruzzi in cui viene esplicitamente urlato: «Ma chi cazzo è Myss Keta? Non è nessuno, non è nessuno». Come a dire: ora ti faccio vedere io chi sono e cosa faccio. E ascoltandolo, non c’è niente che ti possa lasciare dubbi. Lei vuole essere la star. Ma non la star dei festival musicali e dei concerti rock, ma la star della movida, la star della Milano da bere, la star del suo status sociale, che ormai le appartiene, a differenza di altri colleghi rapper che ci provano.

Un verso salta all’orecchio: “Io non rappo, io declamo”, o ancora “Io faccio la Minetti, tu fai Gué Pequeno”, “Fabrizio Corona e Asia Argento”. La Myss vuole essere protagonista. E lo fa nella maniera più sfrontata e forse più efficace: pubblicando un album non per diventare qualcosa, ma un album per affermare ciò che già è, anche se questo essere darà e ha dato fastidio un po’ a tutti.

“Guidate dalla brama, mosse dall’inerzia” fa il remix di Ragazze di porta Venezia, dove racconta di lei e delle ragazze con cui esce, dello spaccato a cui appartiene, un’élite ovviamente per pochi, con uno stile di vita da sogno ma anche pericolosa allo stesso tempo. Si sa, soldi e fama sono un’arma a doppio taglio per molti. Lei sembra invece cavalcare l’onda, tra cene costose con ragazzi che la bramano e shopping con la sua clique.

C’è una frase, quella che fa più pensare forse, cantata dalla talentuosa voce di un cantante che aggiunge sicuramente valore musicale all’album, che recita “Non vuoi sentire e ascolti un’altra storia”. Ebbene sì, ciò che ascolterete nell’album non è una proiezione di sé stessi verso il successo, ma è un ritratto del presente di chi il successo lo sta già vivendo, nella maniera più eccessiva, e ciò che fa paura pensare è che accade in fretta, e accade davvero.