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Tiziano Ferro ha ancora molto da dire al pop

È indubbio che Tiziano Ferro sia una delle migliori cose del pop nostrano della prima parte degli anni Zero. Assente dalle scene dal 2016 con Il mestiere della vita che – diciamocela tutta – non era stato il successo che ci si aspettava (250mila le copie vendute, circa la metà del suo predecessore), Ferro è tornato con Accetto miracoli, un album che fin dal primo momento ha definito «fresco, onesto, energico e frutto dell’esigenza di consegnarmi ad esperienze nuove». La verità è che Accetto miracoli risulta un lavoro insolito: delle quattordici tracce contenute, due sono dei cut speciali, il che è abbastanza inusuale per un artista del suo calibro. A risultare insolito è anche il sound ma d’altronde bastava ascoltare Buona (cattiva) sorte per rendersi conto di quanto le sonorità del “nuovo Ferro” sarebbero state influenzate da Timbaland (già, perché c’è proprio lui dietro al lavoro).

Con Accetto miracoli Ferro si è immerso in sonorità che ricordano più le vecchie Rosso relativo e Xverso mentre si è allontanato dalle ultime che avevano regalato al pubblico perle come L’amore è una cosa semplice e Potremmo ritornare – salvo, ovviamente, per le ballad. Ha messo da parte per un attimo le malinconie della condizione umana per raccontare la felicità degli ostacoli che ha superato nella sua vita, l’amore che ha trovato e le grandi soddisfazioni che si è preso. I testi rimangono introspettivi ed onesti come sempre: ne Il destino di chi visse per amare mette tutta la sua storia, gli anni passati nascosto e poi la liberazione, il fondo e la risalita (“E ho creduto a vent’anni fosse il momento peggiore/Se non fosse che quasi a quaranta lasciamo stare/E ho voluto essere unico, speciale/E ho dovuto sentirmi zero per sentirmi normale”, canta). La sua carriera e la visione del pubblico, i giudizi che ha subito in Un uomo pop. La crescita artistica e personale in Accetto miracoli.

Ma tenete a freno l’entusiasmo, perché tra pezzi più cupi come Vai ad amarti e hit banalotte come Balla per me con Jovanotti, Ferro ha confezionato un album che funziona a metà. Sia chiaro, non è un brutto disco, si fa ascoltare con piacere e ha sicuramente più di qualche brano radio friendly, ma se da una parte è da apprezzare la voglia di Tiziano di rinnovarsi e l’onestà che da sempre offre ai suoi ascoltatori, dall’altra l’album risulta troppo monotono per essere così breve e i beat timbalandiani sembrano inseriti in maniera sempre molto cauta. Come Jovanotti con Rick Rubin, anche Tiziano Ferro è dunque riuscito a coronare il suo sogno di coinvolgere uno dei produttori simbolo del novecento, ma la musica non è sempre una questione algebrica, e Accetto miracoli ne è la prova.