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L’America secondo Bono e Chris Martin è ancora da scrivere

L’ultimo giorno dell’anno accademico in America noi europei cresciuti a pane e American Pie ce lo immaginiamo fatto di fiumi di spumante e notti infinite. Probabilmente non ci andiamo molto lontano. È evidente che il 2020 faccia eccezione e, sempre per un esercizio di comparazione, ce lo immaginiamo (il loro) come una grande fregatura. In realtà però durante la manifestazione virtuale denominata Dear Class of 2020, andata in diretta su YouTube, sarà comunque qualcosa che gli studenti – in special modo i fan della buona musica – non dimenticheranno facilmente.

Perché c’è Bono che parla, e già questo dovrebbe ripagare il prezzo dello scotto di non poter festeggiare in modo tradizionale. Il frontman degli U2, da poco sessantenne, ha parlato di sogno americano, di un momento triste in cui a mancare è una bussola. Parla anche di un brano della sua band che si chiama Beautiful Day: «Quando l’abbiamo registrato, sopra Dublino non c’erano nuvole serene. Eppure abbiamo provato a scrivere una sorta di preghiera per immaginare il futuro che avremmo potuto costruire. L’America è ancora una canzone da scrivere. È assurdo pensare che sarà la Classe del 2020 a realizzarla».

https://www.youtube.com/watch?v=xhNkdCYGEYA&feature=emb_title

Arrivano da lontano le prime note di Beautiful Day e alcuni artisti iniziano a cantare (Camila Cabello, Noah Cyrus, Tove Lo, Ty Dolla $ign, Khalid). Sembra tutto così spontaneo e amatoriale se non sapessimo che quell’arrangiamento minimale ed etereo su cui le voci si poggiano è opera di Finneas Eilish, padre dell’album più importante degli anni ‘10. Le voci si intersecano in un coro che raggiunge il suo apice in quello slogan ormai inno generazionale: “It’s a beautiful day/Sky falls, you feel like It’s a beautiful day/Don’t let it get away”.

C’è una parte del brano che in gergo tecnico si chiama bridge. Si tratta di uno special che introduce gli ultimi ritornelli in cui di norma si condensa tutto il senso del pezzo. Ad interpretarlo c’è un certo Chris Martin, discreto, sobrio e in grado di non sovrastare gli altri interpreti. Ne esce un pezzo emozionante, più per quello che rappresenta in questo momento storico che per come si presenta formalmente questo format virtuale che fa molto cover casalinga da fan degli U2. È tuttavia un modo molto interessante per mettere in luce alcuni aspetti socio culturali e politici nonché una metodologia efficace per sensibilizzare sulle tematiche dei diritti umani.