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Quindi “Exuvia” è la trasformazione definitiva di Caparezza?

Il Bildungsroman è un concetto letterario che in italiano potremmo tradurre come romanzo di formazione, ovvero tutte quelle storie che raccontano la crescita di un protagonista verso la sua maturazione attraverso prove, ostacoli ed esperienze. Non è facile accostare il concetto di viaggio personale all’interno del mondo della musica, soprattutto in una realtà come la nostra dove l’apparire vince sempre sull’essere e dove la sincerità di raccontare i propri nervi scoperti è un’utopia. Ed è qui che Caparezza si mostra per l’ennesima volta una vera mosca bianca all’interno del panorama musicale del nostro Paese. Sì, perché se qualcuno non sapesse nulla di Michele Salvemini, gli basterebbe ascoltare la sua discografia e capire non solo chi è e cosa ha fatto, ma soprattutto la sua storia, la sua esperienza di vita e la sua condizione di artista anno dopo anno, crescendo con lui e scoprendo le difficoltà che ha incontrato in più di vent’anni di carriera. Caparezza era un personaggio iconico, teatrale, buffo agli occhi della gente, ma dalla lingua tagliente e dalla prosa provocante. Michele è invece serio, potente, uno sciamano delle parole, ma allo stesso tempo riflessivo, saggio e incisivo. Ma Caparezza e Michele sono la stessa persona, o meglio lo erano. Perché oggi è difficile pensare che l’artista che scrive Exuvia sia lo stesso di Fuori dal tunnel o Vieni a ballare in Puglia. E la cosa incredibile è che è proprio questa la bellezza della narrazione di questa storia.

Perché la storia di Caparezza è proprio un romanzo di formazione in cui i fan scoprono le imprese di un uomo al quale si è sempre chiesto di fare rap senza essere un rapper, di fare politica senza essere un politico e di fare spettacolo senza essere uno showman. Ma arriva il momento, dopo tanti sforzi, che Michele abbia il suo spazio, che la sua necessità espressiva prenda vita, abbandonando le maschere come in Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick o uscendo dal Paese delle meraviglie di Lewis Carroll, perché fuori c’è qualcos’altro. Exuvia è un album cupo, cervellotico e totalmente intimista, ma racconta in maniera più lineare che mai il momento che Michele sta vivendo, la sua trasformazione definitiva in un qualcosa di nuovo e diverso. Non si può essere sempre gli stessi, si cresce e il bisogno di raccontare un’altra realtà è impellente. Bisogna prendere una scelta, caro Michele: essere come Beethoven che ha continuato a comporre musica fino alla sua morte, o fare come Mark Hollis, leader dei Talk Talk, che si è ritirato dalle scene all’apice del successo? Di questo parla Exuvia, ma anche di quel passato in cui Michele vestiva altri panni, come quelli di Mikimix, momenti difficili da sopportare, ma fondamentali per il suo viaggio. Oggi Michele cosa direbbe a quel giovane rapper che si presenta a Sanremo? Probabilmente di continuare sulla sua strada, di fare tutto quello che sente di dovere e poter fare, evolvendosi e contraddicendosi sempre, album dopo album, fino a lasciare definitivamente il suo esoscheletro e trasformarsi, ancora una volta, in qualcosa di nuovo e sincero.