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Claudym ha l’obiettivo di ridurre i confini tra un genere e l’altro

Claudym, all’anagrafe Claudia Maccechini, 28 anni milanese, ha iniziato la sua carriera artistica approcciandosi al mondo delle miniature, per poi approdare nel 2018 nel mercato discografico, prima con One poi con La parte peggiore di me. Una vera artista che è tutto fuorché solo apparenza, anche se lei, nella definizione dark pop che in molti le hanno attribuito, non ci si ritrova pienamente. «È una definizione che comprendo, considerando le mie uscite recenti, ma in realtà ho varie sfaccettature, sono una persona molto ironica e ho inserito questo lato della mia personalità in altri brani che non vedo l’ora di farvi sentire. A pensarci, comunque, forse più che “dark” la matrice comune tra i vari brani è la malinconia. In effetti anche in quelli più allegri c’è un retrogusto un po’ amaro». Ascoltandola parlare si capisce che è oltre; alla classica domanda sulla musica che l’ha formata, risponde con immenso candore: «Quella di Elton John, anche se non penso che si senta». «In generale – continua – trovo ispirazione in tanti, se non nell’aspetto musicale in senso stretto in tutto ciò che sta attorno e che aiuta a caratterizzare l’artista. Ti posso citare i Blur, The XX, Tyler The Creator, i Twenty One Pilots, Björk, Arlo Parks, i Gorillaz, Billie Eilish, Benee, Upsahl, K.Flay».

Il suo ultimo singolo, Tempo, pubblicato lo scorso maggio, parla di tutti quei rapporti non vissuti fino in fondo per paure o questioni irrisolte: «Per Tempo mi sono ispirata a un mio vecchio brano, Keep Myself From You, anche se l’ho presa molto alla larga. Abbiamo lavorato principalmente senza reference, ma nelle fasi finali della produzione ho trovato una vicinanza – e quindi uno spunto buono – in due pezzi: il remix di You’ve Got The Love degli XX e Trampoline degli SHAED». Il futuro sarà un salto in una nuova dimensione musicale, «perché mi piace sperimentare e approcciarmi a varie sonorità e vorrei portare ogni volta qualcosa di inaspettato – dice – I brani ai quali sto lavorando sono tutti diversi ma simili, perché esplorano più generi mantenendo però una coerenza e uno stile definito. Questa è la mia sfida più grande e il mio obiettivo: essere riconoscibile senza suonare sempre uguale, e ridurre i confini tra un genere e l’altro».