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“Entering Heaven Alive” è l’amore secondo Jack White

Dopo il suo terzo album solista Boarding House Reach, Jack White torna protagonista nel panorama rock moderno con un doppio disco, Fear of the Dawn, rilasciato la scorsa primavera e l’ancor più recente Entering Heaven Alive, pubblicato pochi giorni fa. Curioso come i tempi di pubblicazione degli album vengano stravolti dalle tracklist degli stessi: l’outro della traccia di chiusura del quinto disco, Taking Me Back (Gently), singolo estratto da Fear of the Dawn rivisitato in versione gypsy jazz, è la traccia di apertura del quarto, che esordisce con una versione più caotica e grezza; a collegarle, le sonorità distorte spesso usate dall’artista. La stessa canzone ha due diverse anime: Jack White non lascia mai niente al caso, curando ogni aspetto della sua musica nei minimi dettagli da vero perfezionista quale si è sempre mostrato al mondo; non è casuale nemmeno la scelta della cover del suo ultimo lavoro, in bianco e nero proprio come l’unico disco di canzoni acustiche rilasciato in precedenza, a differenza delle altre copertine dominate dal colore blu, da sempre simbolo della sua carriera solista.

Forse è anche per tutto questo che i due album nella loro interezza sono così diversi: uno è più dinamico e aggressivo, l’altro più acustico, elegante e gentile. Ad ogni modo in entrambi si percepisce limpido come sempre lo stile di White, mentre a variare sono le tematiche trattate. In Entering Heaven Alive il musicista di Detroit canta le diverse sfaccettature dell’amore come mai prima d’ora; in If I Die Tomorrow, una delle ballad principali, parla della propria morte ma col pensiero rivolto a sua madre (“If my mother cries in sorrow/Will you help her with the many things/That she needs from time to time and day to day?”), mentre le note di A Tip from You to Me richiamano l’ammirazione dell’artista nei confronti dei Led Zeppelin, tratto distintivo sia della sua persona, sia della sua musica assieme al suono del violino e – più in generale – del jazz influenzato da Herbie Hancock, che ascoltiamo rispettivamente in brani come Help Me Along e I’ve Got You Surrounded (With My Love)

Queen of the Bees ripropone il fascino nei confronti del folk e del vintage made in USA nonché riferimenti alla psichedelia dei Beatles e al ritmo delle canzoni d’amore di Paul McCartney ma non mancano le sperimentazioni, con una chitarra orientata sul genere della bossa nova in A Man From Manhattan. Con quella che possiamo definire la controparte acustica del suo penultimo disco, Jack White ci presenta quindi il suono del suo paradiso, guidando l’ascoltatore nel suo personale presente, passato e futuro. Per una volta sembra rivelarsi più umano e vulnerabile ma solo finché non sale sul palco, pronto a trasformarsi ogni sera nell’ambasciatore del rock and roll per mantenerlo più vivo che mai.