Quando s’è sparsa la voce di un disco di cover di Bruce Springsteen devo dire di aver provato piacere. Ricordo una vecchia intervista ad Eric Clapton nella quale enunciò un teorema per me sacro: meglio una bella cover che un brano inedito modesto. Verissimo, soprattutto se hai voce da vendere (e soprattutto se hai QUELLA voce da vendere). Poi sono arrivati i primi singoli, Do I Love You (Indeed I Do) e Nightshift, dal profumo di strenna natalizia preceduti da un videomessaggio dove, a mio parere, si peccava di un eccesso di istigazione all’entusiasmo. Ma forse, mi son detto, son io che sto diventando davvero un vecchio rompicoglioni. Ma poi ci siamo accorti anche che in Only The Strong Survive, benché pubblicato alla vigilia di un tour mondiale, non è presente la E Street Band. E pensare che, soprattutto durante il Wrecking Ball World Tour e l’High Hopes Tour, la allora E Street Band, arricchita di fiati, cori, percussioni, era forse la più formidabile soul band degli ultimi decenni.
Infine arriviamo alla scelta più curiosa: l’amico produttore Ron Aniello (Matthew Koma, Shania Twain, Wanting Qu, Gavin DeGraw) suona praticamente tutto, arricchendo poi le tracce con piacevoli sezioni di fiati, cori scolasticamente corretti secondo tradizione e archi arrangiati, dove presenti, con disarmante banalità. Certo, i brani che compongono il progetto sono scelti con la passione di chi ama davvero il genere e allontanano un pochino, ma non troppo, Only The Strong Survive dalle opere molto simili già date alle stampe da tanti altri (tra cui Seal, Phil Collins, con l’ultima – almeno finora – operazione di studio della sua carriera e, seppure con un approccio davvero molto simile, Rod Stewart), ma questo non basta per consegnare alla storia un prodotto capace di durare. Quindi, com’è Only The Strong Survive? Che sia una strenna natalizia – un disco di cover che esce a metà novembre – nessuna persona dotata di raziocinio potrebbe dubitarne. Ma è forse un reato? Ovviamente no: la musica deve anche divertire e sotto natale, in momenti di crisi, è anche legittimo chiedere alla musica di tenere una calda compagnia come quella di cui è da sempre capace il soul. È suonato e cantato bene? Cantato da Dio (in entrambi i sensi, per noi devoti) e suonato in maniera canonica, scolastica, oggettivamente buona ma con qualche botta di pigrizia.
Il muro di suono della base – ancora vivente – della E Street Band, arricchita da fiati, cori e violini, avrebbe probabilmente consegnato alla storia un ben altro prodotto, capace di durare, oltre che divertire. Dobbiamo quindi accontentarci di un disco piacevolissimo interpretato da una delle voci che più abbiamo amato nella nostra lunga carriera di ascoltatori compulsivi nella consapevolezza però che anche Bruce Springsteen, pur con lo stile dell’artista intelligente, ha imparato negli anni, tra cofanetti, tour celebrativi e dischi con recuperi di repertorio, a “passare alla cassa” come e sicuramente meglio di quasi tutti. D’altronde, l’unica perla dell’ultima dozzina di anni è quel capolavoro della maturità che porta il simbolico titolo di Western Stars.