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Non avrai altra band al di fuori delle Boygenius

Chiamarlo side project è fin troppo riduttivo, le Boygenius sono una delle cose migliori che il music bussines ci ha donato

Fin dal loro debutto nel 2018, le Boygenius, avevano dimostrato di avere un potenziale nascosto dietro alle loro rispettive carriere soliste. Un trio insolito, composto da tre musiciste con attitudini e personalità differenti – Phoebe Bridgers, Lucy Dracus e Julian Baker – ma con un minimo comune denominatore: una sensibilità artistica che risalta con forza e dinamismo nel loro primo disco, ribattezzato The Record. Chiamarlo side project sarebbe fin troppo riduttivo e non piacerebbe nemmeno allo stesso trio statunitense, come dichiarato dalla Bridgers in una recente intervista – «Penso che il termine venga banalizzato solo perché contestualmente non ci sono molti supergruppi interessanti. Non credo che ci siano molti supergruppi che siano più grandi della somma delle loro parti. E credo che noi siamo il più affiatato». Registrato allo Shangri-La Studio di Los Angeles lo scorso anno e prodotto interamente dalle stesse cantautrici, The Record è un progetto nato da molteplici sessioni di scrittura e registrazione, confessioni e preghiere, iperbole e digressioni. Ogni canzone è il pezzo di un puzzle che si compone senza tener conto del suo criterio di assemblamento, in bilico tra rivelazioni ed enigmi irrisolti. 

Bridgers, Dracus e Baker trovano una quadra fin dalle prime note della traccia di apertura, Without You Without Them, un’introduzione a cappella che gioca molto con le armonie e la consistenza delle tre rispettive voci presenti sulla traccia, quasi a testimoniarne il profondo sodalizio artistico. La connessione tra le molteplici parti è evidente fin dal momento in cui è stato scelto di anticipare l’uscita di The Record attraverso proprio tre singoli, ognuno dei quali ha visto impegnata un membro del supergruppo: Bridgers si è occupata di raccontare una storia d’amore nata sotto una cattiva stella con Emily I’m Sorry, Baker ha lasciato la sua impronta in $20, mentre Dracus si è lasciata consumare da True Blue, uno dei fiori all’occhiello del disco. Al suo interno si naviga a vele spiegate tra l’amore (We’re In Love) e la rabbia (Anti-Curse), un chiaro senso di smarrimento e altrettante considerazioni dissacranti sulla ricerca del proprio posto nel mondo (Revolution 0) che ha portato le giovani cantautrici a mettersi costantemente in discussione. È un esercizio tanto fisico quanto mentale, che non tutti i musicisti riescono a compiere con facilità. In Cool About It si parla di mancanza di comunicazione con un mood alla Simon & Garfunkel, mentre Not Strong Enough racconta l’odio che troppo spesso finiamo per nutrire verso noi stessi e di come finisca per essere troppo facilmente un complesso di Dio. Ognuno è libero di interpretare i concetti del disco a piacere, dando così parecchia carta bianca all’ascoltatore, che si addentra in un cosmo stratificato di contrasti e pulsioni, chitarre acustiche, riff marcatamente rock e synth velati di dream-pop.

Un altro pezzo di punta del disco è la ballata Leonard Cohen, una critica sociale che campiona la sua nota Anthem (“Leonard Cohen once said there’s a crack in everything/That’s how the light gets in/And I am not an old man having an existential crisis/At a Buddhist monastery/Writing horny poetry”). Segue la provocatoria Satanist (“Will you be a nihilist with me?/If nothing matters, man, that’s a relief/Solomon had a point when he wrote Ecclesiastes/If nothing can be known, then stupidity is holy”) e Letter To An Old Poet, che include persino il brusio della folla presente ad uno dei primi live del trio nel 2018 al Brooklyn Steel di New York, sulle note della loro Me & My Dog. Le tre artiste hanno dichiarato più volte quanto sia fondamentale la stesura separatista delle dodici tracce che compongono The Record, in quanto l’isolamento e il conseguente incontro in studio di registrazione avrebbe permesso a ciascuna di loro di essere più sincere rispetto alle precedenti produzioni da soliste. Una volta in cuffia, ascoltando le Boygenius si ha la certezza di essere testimoni della presenza di un’entità una e trina, con tre background musicali e tre processi creativi non necessariamente allineati. Tuttavia, questo debutto confezionato come un regalo di Natale è un primo (ambizioso) step verso un futuro molto più che roseo.