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Emis Killa se ne frega delle classifiche

Emis Killa ha pubblicato quello che definisce il «disco più importante della mia carriera», senza hit da classifica.

L’effetto notte è una tecnica di ripresa cinematografica utilizzata per far sembrare notturne delle scene girate di giorno. Ma è anche il titolo di uno dei più riusciti ed apprezzati lungometraggi di Truffaut, una pellicola che parla di cinema e dell’autore stesso, come fatto anche da Fellini con 8 e mezzo nel 1963, dieci anni prima del regista francese. Non può essere un caso che Emis Killa abbia scelto questo titolo per il suo nuovo disco. Un titolo evocativo di atmosfere cupe, dark, anche molto distante dall’immaginario, comunque, positivo che permeava Supereroe, a tutti gli effetti l’ultimo disco ufficiale di Emis (17 è in collaborazione con Jake la Furia, Keta Music Vol. 3 resta un mixtape) risalente a cinque anni fa. Un concept album legato a doppio filo al mondo cinematografico: ad ogni brano l’artista milanese ha voluto collegare il titolo di un film. La scelta è stata ampia e variegata: si passa da film iconici per la generazione degli anni Novanta, come Carlito’s Way, Il Padrino o Ragazzi fuori, a titoli più underground (Upside Down e Nikita).

Un disco che si compone di quattordici tracce e che lo stesso Emis definisce come «il più importante della mia carriera». Frase inflazionata, che potremmo sentire da molti suoi colleghi, ma quando a dirla è uno arrivato ormai all’ottavo lavoro, fa riflettere. Ascoltandolo, soprattutto, emerge quanto la scrittura abbia avuto un valore anche terapeutico, quanto su carta (prima) ed al microfono (poi) Emiliano abbia impresso le sue paure, le sue ansie, anche momenti del passato duri da esternare. Un disco che non ha hit da classifica, nonostante a curriculum Emis ne possa vantare parecchie (da Parole di ghiaccio sino alla più recente Fuoco e benzina). Non c’è quella logica lì dietro, come affermato da lui stesso, non ha pensato il disco con l’intenzione di allargare la sua fanbase, peraltro alle porte dell’estate, dove i tormentoni spopoleranno. La sua nicchia di pubblico se l’è già costruita e fidelizzata: basti pensare ai sei sold out consecutivi ai Magazzini Generali dello scorso autunno, per celebrare quel cult che è diventato L’erba cattiva. Il disco più ambizioso della sua carriera diventa quindi un disco da ascoltare con la pioggia fuori, col mood un po’ triste di queste giornate di maggio che ci ricordano novembre. Seguendo quindi il filone dei concept album degli ultimi anni, Emis ci regala quaranta minuti di musica da ascoltare tutta d’un fiato. Come ci hanno insegnato Marracash prima e Rkomi poi, non è necessario dover fare la compilation di pezzi con vista Spotify per farsi apprezzare dai più.

Sia Persona che Taxi Driver restano dischi che, a distanza di anni, si lasciano ascoltare (ed apprezzare ancor di più) se messi in play dall’inizio alla fine. Ed Effetto notte ha la stessa, ambiziosa, pretesa: tenere inchiodato l’ascoltatore alle cuffie, trascinandolo tra banger chiaramente rap a pezzi più leggeri, sino a giungere al crescendo rossiniano degli ultimi quattro pezzi. Ecco, il gran finale è realmente il punto più alto del disco: tra un sax che crea una melodia malinconica in McDrive, sposandosi benissimo con la voce di Coez e l’outro decisamente triste, a colpirci come un pugno nello stomaco per il realismo del testo, tutto racchiuso in una singola strofa. Altro che Bel finale, Emis sceglie di lasciarci con una nota amarissima in chiusura di questo spettacolo, come se uscissimo dal cinema ancora impressionati da ciò che abbiamo visto, ma riportandoci alla cruda realtà con gli ultimi minuti. Non può essere un bel finale, perché fuori la pioggia batte forte ed il notturno di Emis Killa ci accompagna tornando a casa.