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La nuova Roshelle

Dopo la firma con Island Records e un periodo tête-à-tête con sé stessa per ritrovarsi, capirsi e ricalibrare una carriera.

Roshelle è un’artista che da peso alle parole. Lo capisco fin dal primo momento in cui ci incontriamo per parlare di Melancholia, un nuovo tassello nel suo rinnovato percorso in musica e un racconto estremamente autobiografico, tanto struggente quanto delicato. Dopo la firma con Island Records e un periodo tête-à-tête con sé stessa per ritrovarsi, capirsi e ricalibrare una carriera che l’ha vista passare dalla sua cameretta agli studi di registrazione. Senza dimenticare l’esperienza ad X Factor nel 2016 e le collaborazioni con i nomi più caldi della scena contemporanea italiana – Rkomi, Emis Killa, Don Joe, Elodie, Serena Brancale, MYSS KETA e Lele Blade. Adesso è arrivato il momento di rimettersi in pista con un’energia rinnovata, una creatività a lungo sopita e con la voglia di dimostrare a tutti quanto sia fondamentale non scendere a compromessi nel definire la traiettoria che si vuole dare alla propria musica. Nel suo cassetto, mi confessa di avere anche delle poesie che vorrebbe trasformare in canzoni e mi racconta di aver trovato un metodo nella vita, di ricercare l’autenticità in ogni cosa a cui si dedica nel quotidiano e soprattutto senza farsi condizionare. Ne emerge un ritratto nudo e crudo, intimo e coerente con la nuova Roshelle che vedete nello scatto di Omar Machiavelli sulla nostra digital cover.

Nella tana del mostro (il singolo uscito a marzo ndr.) è un pezzo che ha chiaramente delineato la tua nuova direzione artistica. Quando ti sei resa conto di aver maturato l’esigenza di intraprendere una nuova strada?
Ho cercato di capire chi fossi musicalmente sul serio, senza influenze esterne e condizionamenti di ogni tipo. Ho la fortuna di fare parte di un roster di grandi artisti italiani (Island Records ndr.) che scrivono della propria vita e fanno musica quotidianamente. Mi sono chiesta: che cosa voglio dare al mondo e qual è la mia narrazione la mia storia? Cosa provo io? Come lo provo? Come lo voglio cantare e soprattutto come voglio far arrivare il mio messaggio alle persone? Sono stati dei mesi di grandi domande.

E quale è stata la risposta?
Ho continuato a scrivere e ho raccolto parecchio materiale di cui sono soddisfatta. Ho sentito l’esigenza di ritrovarmi e dare al mondo qualcosa di sempre più veritiero e genuino, che parlasse di me senza filtri e condizionamenti. Ci saranno tante o poche persone che si rispecchieranno nel mio modo di vedere le cose e la vita, ma almeno so che i miei affiliati mi conosceranno sul serio, senza giocare nessun ruolo.

Forse il fatto di non essere mai riusciti a fermarci prima del 2020, non ci ha mai pienamente consentito di riflettere su noi stessi…
È stato sicuramente un periodo traumatico, ma l’ho anche vissuta con tanta energia. So che è strano, ma ho veramente colto l’occasione per risistemare i miei cassetti personali. Ho anche trovato un metodo nella mia vita. Prima della pandemia ero una persona che faceva le cose in maniera molto random. Non voglio in alcun modo dire che sia stato necessario. È stato un disastro, ma spesso le canzoni più belle nascono da una grande sofferenza. Dal brutto emerge il bello.

Melancholia, il tuo nuovo singolo, si propone come un viaggio emotivo, in cui ci sono pochi elementi che si incastrano tra di loro funzionando perfettamente: dalla tua voce a cappella alle armonizzazioni del vocoder che sentiamo nel pezzo, oltre ad un testo che non ha molti fronzoli. Si può dire che la musica abbia sempre più bisogno di essere spogliata e di tornare alla semplicità?
Non è un pezzo leggero o di facile ascolto, devi volerlo sentire e devi voler capire che la storia di cui sto parlando è stata pesante, struggente. Anche la scelta della strumentale ridotta all’osso non è un caso. Il mio producer mi suggeriva di mettere un beat sulla strumentale o una cassa, ma io ho sempre pensato che andasse benissimo così. Forse può essere vista come una scelta rischiosa per il mercato musicale, ma a mio parere è come deve essere proposta la canzone. Non si può scendere a compromessi su certe cose.

Mi pare di capire che questo sia un pensiero condiviso da tanti altri tuoi colleghi.
È molto bello perché vuol dire che stiamo andando verso la ricerca dell’autenticità che risiede in ognuno di noi, per come ci sentiamo.

In cosa trovi la “melancholia” quando ti guardi attorno?
In questo caso la “melancholia” di cui parlo non è la mia. Non è troppo lontano dal vortice che menziono in Nella tana del mostro. Piccolo spoiler: è lo stesso soggetto. Quando sei a contatto con una persona presente e disconnessa al contempo, è un viaggio unico. All’apparenza c’è sempre della tristezza latente, quindi bisogna fare quello sforzo in più per tirare fuori dei momenti belli. Quando si è innamorati, ci sono delle cose che si accettano anche se non si dovrebbe e mi rendo conto quanto sia folle. È seriamente la storia di una persona magica che punge un’altra.

Prima della gestazione di questo brano, ti era mai capitato di provare delle emozioni così viscerali e intense nell’atto di fare musica?
Penso che sia la prima volta. È un sentimento fortissimo e non ti importa se venga ricambiato o meno. È come l’amore incondizionato che i genitori provano verso i loro figli. Non ti importa che tuo figlio non voglia parlarli, tu gli vuoi bene lo stesso. Forse è la mia Beatrice, un amore tanto reale quanto platonico.

Hai mosso i primi passi nella musica pubblicando cover su YouTube e poi approdando ad X Factor nel 2016. Ripercorresti questa strada nello stesso modo?
Rifarei tutto esattamente allo stesso modo. Oggi provo un po’ di imbarazzo verso me stessa, perché penso di essere migliorata molto. È strano, perché quando cantavo quelle cover ero convinta di essere esattamente come sono oggi.

Non ti riconoscevi in quel modo di scrivere, comporre ed esibirti?
Ho dovuto fare pace con il fatto che fossi io, ma che fossi anche completamente diversa dalla Roshelle di oggi. Ci ho messo talmente tanto impegno, che non sento mai il bisogno di riguardarmi e andare a riascoltarmi. Mi ricordo tutto come se fosse stato fatto letteralmente ieri. Poi è stato un filone unico: le feste di fine anno al liceo, Facebook, YouTube, X Factor, il tour e le collaborazioni. Non ho avuto neanche il tempo di pensare: “Dai, faccio faccio l’università”. Ho fatto direttamente il salto dalla scuola alla musica e all’epoca ci avrei messo la firma.

Ti capita di ripensare a quegli anni?
Ci ripenso per non dare il mio presente per scontato.

Qual è stato l’aspetto più duro da digerire nel momento in cui hai maturato una nuova consapevolezza verso te stessa?
Quando non si sta bene, non si può far stare bene chi ti circonda. Avevo bisogno di ritrovare la lucidità nel lavoro, che per me è anche un sinonimo di responsabilità, di stare dietro a tante situazioni e decisioni. Sono diventata un’artista indipendente e la mia vita oggi mi piace molto di più. Quando mi sono fermata, non avevo l’energia mentale per gestire tutti questi aspetti. Credo sia stato un momento veramente spontaneo, forse anche fisiologico, perché sono stata anche attiva per tanti anni di seguito.

Neanche un momento di difficoltà?
No, perché piuttosto che condividere contenuti di qualsiasi tipo e mediocri, non avrei mai voluto esserci tanto per. Quando uno c’è ed è attivo, deve far sentire la propria presenza. È anche altrettanto importante sapersi ritirare nelle proprie stanze.

Hai realizzato importanti collaborazioni, ma soprattutto sei riuscita a spaziare con estrema naturalezza e integrità attraverso più generi musicali…
Sicuramente in questi anni ho ascoltato tanto cantautorato italiano. I miei genitori sono da sempre esterofili, quindi sono cresciuta ascoltando tanto soul e gospel. La persona magica di Melancholia mi ha aperto un mondo e come ben sai, quando qualcuno ama qualcosa, il coinvolgimento dell’altro può essere contagioso. Così ho iniziato a guardare tantissimi documentari, oltre ad ascoltare moltissima musica.

Citami qualche artista.
Mina
, Lucio Dalla, Battisti, Tenco, Roberto Murolo e tutta la scena napoletana. Ho ascoltato tanto per fare mia la lingua italiana. Nella vita parlo tanto in inglese e anche in spagnolo, quindi trovo che questa contaminazione sia bellissima persino da un punto di vista strutturale nei testi delle canzoni. Ogni lingua ha il suo modo di dire qualcosa e questo aspetto mi ha dato una maggiore padronanza nello scrivere in italiano. Pensa a Paolo Conte, che scriveva i suoi ritornelli in inglese. La gente oggi tende a prendersi male per un ritornello con due parole in inglese, ma è una roba vecchia come il mondo e spacca. Erano più internazionali di oggi, se ci pensi bene.

C’è qualcosa nel tuo cassetto che aspetta di essere tirato fuori?
Non ho mai rilasciato delle poesie musicate e mi piacerebbe moltissimo.

Che spazio le donne si stanno ritagliando in una scena che è sempre stata prettamente maschile e a tratti machista?
Mi sembra che ormai non ci sia più tanto stupore al riguardo. Penso ad Anna, che ha collaborato con tanti artisti diversi ed è nei e ha un’attitudine super internazionale. Spacca ed è una figura che ci mancava in Italia. Un’altra artista che trovo veramente fortissima è Epoque. Quando un musicista spacca, non so quanti importi il suo genere. Quando un’artista è innegabilmente forte, come si evince nel caso di Anna nel suo genere, per forza di cose gira e ha un impatto.

Sei riuscita a trovare le risposte che stavi cercando entrando nella tua personale tana del mostro?
Non ancora, ma non bisogna mettersi una data di scadenza per le questioni che riguardano il cuore e l’anima, altrimenti si impazzisce. Sicuramente vado dalla psicologa una volta a settimana e lavoro molto su me stessa.