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Gazzelle vuole solo stare bene

Gazzelle scrive per stare bene e con “Tutto qui”, il brano in gara a Sanremo, ancora una volta mette la musica al centro: «Ciò che scrivo dà voce alla mia interiorità», dice

Ogni anno, durante la settimana di Sanremo, i miei pensieri – anche in virtù dell’attività che svolgiamo come opinionisti musicali – inesorabilmente tendono a Luigi Tenco. Faccio letture, interviste, ascolti ma poi la storia di questo evento nazional popolare mi riporta sempre lì. E allora ecco che si dischiude il vaso di Pandora e ci si comincia a chiedere se sia ancora importante la musica del Festival. Anche un premio Nobel come Salvatore Quasimodo, si interrogò su questo («E non siamo forse un po’ tutti responsabili dell’atto estremo del cantante, noi che esaltiamo e sopportiamo il carosello del Festival, da anni, senza esigere nemmeno un livello minimo di intelligenza nei contenuti delle canzoni? Luigi Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio. Chi non è in grado di domandare un minimo di intelligenza a una canzone non può certo capire una morte»). Credo se lo sia chiesto anche Flavio (d’ora in poi, Gazzelle), se l’italiano medio, ascoltando distrattamente davanti alle tv il suo brano avrebbe capito le suggestioni che porta in seno.

Quel che è certo è che lui non vuole snaturarsi mai, costi quel che costi. Ed è evidente pure che se cercate un messaggio politico non è all’interno del suo repertorio che dovete cercare, ma di questi tempi – credo io – fa più rumore il racconto d’un amore piccolo piccolo, di quelli “normali” che si vivono nei palazzi da seicento euro al mese, piuttosto che quello di una società vista con occhio paternalistico e pseudo impegnato. Non siamo più negli anni del War is Over di Lennon, in cui cantare certe cose era a tutti gli effetti un dovere morale. Gazzelle piuttosto vuole fare delle belle canzoni, in grado di lenire le ferite e normalizzare i disagi esistenziali. Farlo a Sanremo, ça va sans dire, ha un peso specifico davvero importante. «Sono fatto così: mi piace mettermi sempre alla prova con sfide più grandi. Voglio provare sensazioni sempre più forti», mi spiega. Gli domando se quando raggiunge risultati così grandi sta in qualche modo portando con se tutti i ragazzi timidi chiusi in cameretta: «Pur essendo una persona molto riservata ed introversa, c’è una parte di me che sogna in grande. Sono molto ambizioso e determinato. Col lavoro è arrivato lo stadio e ora l’Ariston».

Io comunque non so cosa ne pensi Gazzelle di Tenco – non me la sono sentita di chiederglielo, ma, mentre preparavo questa intervista, realizzavo che lui ha certamente in comune col cantautore genovese una certa simpatia nei confronti dei testi che vogliono essere asciutti ed arrivare al punto, anche col rischio di essere letti come banali, anziché semplici – che ovviamente sono due cose ben diverse. Ho la sensazione che troverebbe presuntuoso, ad esempio, parlare d’amore da una prospettiva universale, anziché individuale. «Le mie canzoni parlano sempre di cose abbastanza piccole, che però viste dai miei occhi risultavano molto grandi. Un cantautore, secondo me, non dovrebbe mai salire su un pulpito ad impartire lezioni». Cosa puoi fare allora come artista per aiutare le persone attraverso la tua musica? «Indubbiante parlare di cose che si conoscono molto bene. Come ti dicevo, nella maggior parte dei casi racconto cose intime con la speranza che possano essere condivise da chi ascolta», mi risponde.

Non fa eccezione Tutto qui, il brano che la notte scorsa è diventato di tutta Italia. Già leggendo il testo avevamo capito che avrebbe messo sotto i riflettori un rapporto semplice, fatto di piccole cose. Ascoltare arrangiamenti e linee melodiche, poi, è stato una cartina al tornasole di quanto fare una bella canzone, in ultima istanza, sia una questione di sintesi sottrattiva, anziché additiva. Gazzelle a togliere il superfluo è un fuoriclasse e Tutto qui ne è la prova. Che poi, parliamoci chiaramente, che non ci siano sovrastrutture di sorta nei brani di Gazzelle, questo i fan di vecchia data lo sanno bene. Mi chiedo solo se Sanremo non sia un modo per dire a se stesso e agli italiani che la musica è più forte dei look eclettici. «Salirò sul palco ogni sera senza strafare. Cercherò di essere sincero col pubblico al cento per cento pur sapendo di prendere parte ad una manifestazione istituzionale. Come ho scritto su Instagram, non mancheranno neanche i miei occhiali da sole. Ciò che più mi interessa è restare fedele a me stesso, sia con le canzoni che con la mia immagine».

La disillusione è un approccio tipico della tua scrittura: mi spieghi questo tuo modo di fare una rivoluzione pacifica e riflessiva, senza bisogno urlare a tutti i costi?
Sì, è il mio approccio, anche se non penso di essere un rivoluzionario. Ciò che scrivo e canto dà voce alla mia interiorità, che in effetti è estremamente marcata dal giorno zero.

Quindi perché scrivi?
Per stare bene.

C’è un pensiero, una frase, o una persona che ti sta dando la carica per affrontare la settimana forse più importante della tua carriera?
Ci sono molte persone che fanno il tifo per me ma sono molto sereno e concentrato su ciò che devo fare. Mi sono arrivati migliaia di messaggi d’affetto da parte dei fan e li porterò con me davanti al microfono. E poi ovviamente ci sono i miei genitori, gli amici, quelli che lavorano con me. È bello sentirli vicini in questo momento così importante.