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Ketama126 ha trovato il suo equilibrio

Ketama126 torna con “33”, un disco che segna una tappa esistenziale più che musicale. Niente hit facili, solo verità sporche, suoni scuri e una scrittura che non fa sconti

Un disco che non cerca il colpo a effetto, la hit da playlist o il tormentone estivo. 33, il nuovo album di Ketama126, è un racconto notturno, cupo, a tratti disilluso, come chi ha fatto pace con le proprie ombre ma non ha smesso di guardarle in faccia. Un progetto intenso e personale che racconta il tempo che passa, la solitudine e una Roma imperfetta. Un disco tra nichilismo e romanticismo, tra vecchia scuola e nuove influenze. 33 non è un numero a caso: è un’età, un simbolo, una tappa. Forse, la più vera.

Il tempo è tra i fili conduttori di questo nuovo album. Dici “Il tempo è tutto ciò che abbiamo e non è mai abbastanza”, citi Battisti e Califano e anche il titolo del disco ci rimanda al tempo. Da dove è partita la necessità di questa intro?
Volevo aprire con una tematica che fosse universale. Il tema del tempo non è personale, ma di tutti gli esseri umani. Poi il disco si chiama 33, la mia età e di Cristo quando è morto, e rappresenta un segnale di cambiamento. Prima non accusavo lo scorrere del tempo, ma adesso sento che qualcosa è cambiato. Il tempo è fondamentale e il tempismo nella vita è tutto.

Spiegami meglio.
Penso che questo sia il momento giusto per un mio cambiamento personale ma anche in generale nella musica. Le mode, anche in questo mondo, sono cicliche. Sono tanti anni che diciamo che la trap e la musica prodotta al computer fanno da padrone nelle classifiche e non solo, ma il tempo sarà fondamentale in questo perché siamo arrivati a un punto in cui si invertirà la rotta. Sono quindici anni che la gente non fa altro che sentire musica fatta dal dj e non suonata, ma adesso comincerà un ciclo nuovo.

Hai creato un ponte tra passato e presente con Fiori trasteverini 2025. Cosa rappresenta per te Gabriella Ferri? 
Gabriella Ferri
a Roma è rimasta molto, soprattutto a Trastevere e le zone che frequentava lei. Rispetto agli altri è riuscita a mischiare musica romana con tanta musica sudamericana, a livello di arrangiamenti e modernità tra tutti è stata la più moderna di tutti. Per me che sono un fan sia della musica latina che romana rappresenta la fusione perfetta.

Come ti inserisci in questa nuova tradizione romana?
Non saprei, perché per ora tra i ragazzi della mia generazione sono il primo a portare questa roba. Spero ci saranno altri dopo di me a dare vita a un nuovo filone di tradizione romana rinnovata.

33, il brano, mi ha commosso. C’è questa grande riflessione profonda e spirituale. È una sorta di resurrezione per te.
Ti dico la verità: anch’io la prima volta che l’ho ascoltato mi sono emozionato. Mentre lo scrivevo, specialmente il ritornello, non sapevamo quello che stavamo facendo. Volevamo fare una canzone che avesse un testo malinconico, d’amore, che raccontasse di storie tristi, ma con una base allegra. Il ritornello è venuto fuori di getto. A un certo punto stavo fuori, a pensare come continuare, ero bloccato, e si è messo a grandinare e dà la sono riuscito a finire. Non saprei spiegarti bene com’è uscita, è stata una botta di culo o la mano del signore (ride, ndr.). Mi sono reso conto di tante cose riascoltandola e quella canzone parla di quello stato d’animo forse vicino alla depressione, dove pensi che vuoi essere lasciato da solo, di essere buono a nulla e ti convinci di fare del male alle persone a cui vuoi bene. Quando l’ho scritto era appena finita una storia molto lunga, quindi scriverla è stato anche un modo per esorcizzare il momento.

Come mai hai scelto Asia Argento per il videoclip?
Dobbiamo ringraziare i ragazzi di Epico Podcast che ci hanno invitato. I commenti sotto il video erano “Asia e Ketama sembrano la stessa persona”, così ci è venuta l’idea e lei è stata mega felice di partecipare, e anch’io.

Quella che racconti non è una Roma da cartolina, per i turisti, ma è notturna, viva, con i suoi tanti lati negativi. So che è una domanda retorica, ma quanto conta il paesaggio urbano nella tua musica?
Non incide su quello che scrivo a livello di testi, ma in questo disco ha inciso tanto a livello di suono. Le basi che accompagnano le parole prendono ispirazione da quel mondo, se non stavo a Roma in questi anni non mi sarebbe mai venuto in mente di fare una cosa del genere. Pure se non stavo a Trastevere non sarebbe andata così, ti dirò. Quando ero ragazzino a Trastevere c’era la Festa De Noatri, ho vissuto questa musica fin da bambino e fa parte del mio background. Mi ricorda casa, è la musica che ascolti la domenica in famiglia.

Come ti immagini che sarà recepito il disco?
Siamo destinati a un cambiamento di rotta, è il momento giusto per tirare fuori un progetto del genere. È il primo così, non mi pare ci siano altri che fanno questo genere di musica in Italia, non so come andrà perché non ci stanno precedenti. Vedremo, ma penso che la gente per quanto uno sia abituato a sentire musica fatta in un certo modo non è stupida. Le orecchie le hanno tutti, la qualità la capiscono, anche se magari ci metterà un po’ ad arrivare.