Quando si pensa a Salvador Dalì vengono sempre in mente le sue opere surrealiste, tra orologi sciolti e figure astratte. C’è però Ragazza alla finestra, esposto al Reina Sofía di Madrid, che raffigura una ragazza appoggiata a un davanzale, con la finestra spalancata, intenta a guardare il mare. Non sappiamo a cosa stia pensando, ma allo stesso tempo riusciamo a immedesimarci in lei, assorta nei suoi pensieri di fronte al blu del mare. Questo quadro mi è tornato alla mente ascoltando Mediterraneo, il nuovo album di Bresh. Un progetto che non è solo un disco, ma un tentativo di trovare un equilibrio. Un atto di resistenza interiore, un modo per restare a galla mentre l’umore cambia e la vita, come il mare, a volte ci sommerge. «Mediterraneo è un album per sognatori, che vuole regalare speranza. L’ho fatto per riuscire a galleggiare e mantenere un equilibrio tra la marea dell’umore. È autoanalisi e autoterapia, come tutta la musica che ho sempre fatto», racconta Bresh. Mediterraneo chiude una trilogia iniziata con Che io mi aiuti e che ha trovato la sua massima espressione con Oro Blu. Questo disco, come i precedenti, è un vero e proprio viaggio, con un concept narrativo limpido che parte dal mare e arriva al cielo, passando per l’anima di Andrea.
«Dopo Oro Blu c’è stata una trasformazione particolare. Mi ha cambiato la vita: avevo più soldi in tasca, ho smesso di abitare con i miei amici. Ero cresciuto del tutto, e mi faceva paura». Ma Mediterraneo non ha spento «la fiamma dell’ispirazione»; al contrario, l’ha rinvigorita, dandogli la possibilità di approcciarsi in modo inedito al cantautorato e al rap con quella che lui stesso definisce hope music. Lo ha fatto anche (ri)approcciandosi al genovese, con Aia che tia, un brano scritto mesi prima di Sanremo e dell’esibizione, nella serata dei duetti, con Cristiano De André su Creuza de mä. E lo ha fatto, soprattutto, non infarcendo Mediterraneo di featuring, ma scegliendo amici e «numeri dieci», come lui stesso li ha definiti, tra cui Achille Lauro e Sayf. Mediterraneo è una nave che galleggia tra le onde e una voce che racconta la difficoltà, e la bellezza, di rimanere se stessi mentre tutto cambia. Sopra, un cielo che osserva e lascia sbagliare, consapevole che faremo degli errori, ma che ci serviranno tutti per capirci qualcosa di più di questa vita in balia delle onde. Sulla nave, Bresh. Che cantando, si salva.