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C’è del Vasco Rossi dentro il nuovo Coez

Vasco Rossi in un’intervista disse che la musica d’autore è una cosa, le canzoncine con le rime sono altro, e probabilmente aveva ragione. Eppure forse si ritroverà in qualche brano di un cantautore che ha fatto delle rime il suo marchio di fabbrica. Ma facciamo un passo indietro.

Nella vita faccio il pubblicitario e so per certo che quella che ha annunciato il nuovo album di Coez non è esattamente un’opera di guerrilla marketing (a testimoniarlo la definizione di Jay Conrad Levinson, colui che ha coniato il termine). Ma, al di là dei tecnicismi, di certo quella dei cartelloni ambigui comparsi nelle settimane scorse in giro per Roma e Milano, è una promozione che non passa inosservata e che entra di diritto nella cartella denominata case studies nel MacBook Pro di qualche studente universitario.

«Un fast food?», questo devono aver pensato in molti. E se il concetto di fruizione istantanea era quel che voleva associare Coez al suo album (ascoltalo gratis qui), beh, potrebbe aver sbagliato di grosso. Perché, dopo aver fatto casino per un bel po’ di tempo e poi essere abilmente scomparso dalla scena fino a qualche ora fa, ecco che il buono del rap(?) nostrano è tornato a pubblicare roba, ed è sempre bello. Un album che ricorda Vasco Rossi – non ce ne vogliano fan del Blasco – sia per attitudine che per sound. Lo stesso Silvano lo ha detto in una recente intervista. L’approccio è come sempre per lo più pop ma con qualche spolverata di chitarre rock e batterie acustiche. C’è anche il rap comunque, fatto di quel sound più elettronico che aveva sempre fatto da padrone nella discografia di Coez.

Coez, foto di Tommaso Biagetti

I pezzi più interessanti sono La tua canzone che sarebbe stato un buon sostituto della title track come singolo di lancio, e Mal di gola che ricorda il sound di Colpa d’Alfredo (fan di Vasco: ancora calmi, nessun paragone). Su Domenica c’è invece proprio una sorta di tributo a T’immagini (“Vorrei fosse Domenica/E tua madre fosse meno, un po’ meno nevrotica”) e qui, chi vuole, si scateni. Il sound del pezzo è quello di qualsiasi band pop anni ottanta.

Arriviamo ai temi scottanti, perché Coez a sto giro non è solo margherite e orgasmi ma ha qualcosa da dire a se stesso e agli ascoltatori. Il brano si chiama Ninna nanna e parla della polvere più famosa del mondo occidentale. La chitarra e i temi sono quelli di Vado al massimo. Ha quell’approssimazione di demo da presentare al produttore (in pratica un chitarra e voce) ed è proprio questo a renderla vera, nuda e cruda come la protagonista. In questi continui rimandi, referenze, richiami e accenni, restano i capisaldi della musica neomelodica coeziana: l’amore, l’infanzia, i ritornelli scritti con l’UniPosca nel cervello e, ovviamente, le rime.