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Serge Pizzorno non è mai stato così libero

Ogni definizione è, di per sé, una limitazione. E se definire è limitare, allora, come qualifichiamo Serge Pizzorno? Un semplice chitarrista (nemmeno tanto virtuoso poi)? Un polistrumentista e produttore? Beh, in effetti Serge (qui la nostra intervista) è tutto questo e un po’ di più. No no, non è nostra intenzione esagerare ma, dopo aver ascoltato il suo primo lavoro solista, The S.L.P (dove S.L.P sta proprio per Sergio Lorenzo Pizzorno) in uscita venerdì prossimo, possiamo affermare, senza remore, di trovarci davanti ad un gran lavoro. «L’ho scritto in libertà – spiega – lontano dai meccanismi che si innescano quando un gruppo diventa una macchina di grossa cilindrata com’è accaduto a noi». E, di fatti, nel disco si respira un’aria di grande libertà compositiva («È un disco-autoritratto che rispecchia i diversi lati della mia personalità»).

E la personalità di Serge è a forti tinte verdi-bianco-rosse, come spesso ha avuto modo di dimostrare e, nel caso specifico, omaggiare addirittura con la prima traccia dell’album Meanwhile… In Genova. «Per me è come una lettera d’amore all’Italia e alle mie radici. Nella mia mente è la sequenza iniziale del mio film. Tutti quanti ci facciamo i film, no? Beh, il mio inizia a Genova, nell’area del porto», racconta. Effettivamente il brano ha tutti i crismi dello strumentale filmico eppure, ad un orecchio ben allenato, non sfuggirà certo come le prime note del brano siano, in qualche modo, simili a Dormono sulla collina, brano contenuto nel celebre album Non al denaro non all’amore né al cielo, uno dei tanti capolavori del più grande dei cantautori genovesi, Fabrizio De Andrè. Un tributo velato? Chissà.

Lockdown suona fosca, interlocutoria, a tratti acida con un chitarrone prepotente che, di tanto, in tanto, entra nel brano e spara delle bordate. È il preludio a ((trance)), brano delicatissimo, con una certa raffinatezza francese e un finale potente, euforico e trionfale. Poi, d’un tratto, con The Wu ci troviamo immediatamente catapultati, sballottati su un pianeta diverso, un brano ibrido, un mix di psych-funk-new wave. Ancora diversa è la distorta e distopica Soldiers 00018, che suona un po’, nei primi secondi, come Waiting For The Rapture degli ultimi Oasis. Arriviamo poi a Meanwhile… At Welcome Break, brano in cui il Nostro duetta con il giovane, emergente rapper britannico Slowthai. Archi, fiati e un’interpretazione vocale da brividi conferiscono al pezzo una drammatica epicità.

Nobody Else, il secondo singolo estratto dall’album è una ballata al piano che incontra la house delle Baleari. Ha una certa malinconia, ha il sapore di un cocktail mandato giù in uno degli ultimi giorni d’estate e probabilmente è la traccia che riassume lo spirito di esplorazione disinvolto e senza regole di Serge. Esplorazione che giunge sino alle coste dell’hip hop e del grime con Favourites, il brano che ha svelato al Mondo il progetto The S.L.P. Ad accompagnare Serge la rapper britannica Little Simz, che riflette con Pizzorno sugli appuntamenti nati su Tinder e sull’identità nell’era era digitale, in cui le persone fingono di essere qualcun altro online e che in qualche modo ci porta più lontani dall’essere chi siamo veramente. Kvng Fv è un brevissimo intermezzo di un minuto di chitarra che ci traghetta verso la fine dell’album, verso The Youngest Gary, griffata da un potente riff di chitarra, e Meanwhile… In The Silent Nowhere, ideale chiusura cinematografica del film tutto personale di Serge.

Come la tavolozza di un pittore è variegata di colori così, l’esordio solista di Serge, è una profusione di suoni che spaziano da influenze hip-hop a molti momenti melodici, e ancora al funk psychedelico e alla new-wave. È un’epifania, l’epifania di Serge che rivela al Mondo tutto il suo eclettismo, il suo talento, la sua genialità nello sperimentare senza paura. Certo, la sperimentazione è sempre stata alla base dei Kasabian ma, qui, c’è un lavoro certosino, minuzioso, quasi maniacale. «Ho iniziato persino a imparare gli accordi jazz, Marvin Gaye e Stevie Wonder per intenderci», dice. «È così importante riscoprire l’innocenza della sperimentazione, quando una piccola parte di te si chiede: posso ancora farcela?». Ce l’hai fatta Serge, ce l’hai fatta.