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Tutti gli album di Caparezza dal peggiore al migliore

Nella storia della musica italiana sono veramente pochi gli esempi di artisti difficili da etichettare sotto un genere preciso. Teatrale, scomodo, autoriale, elitario, troppo politico sono solo alcuni dei tanti aggettivi che sono stati attribuiti a Michele Salvemini, in arte Caparezza, un uomo che con la sua musica rappresenta un vero e proprio crash nel sistema musicale. Un rapper che non parla di droga e pistole, un cantautore che non parla d’amore, un rocker senza i tatuaggi. Caparezza è tutto e niente, un artista capace di creare e ricreare sé stesso album dopo album, andando a scardinare tutte le dinamiche di genere e creando un unicum musicale probabilmente irripetibile. Le sue canzoni sono tappe di un viaggio complesso, ricercato e sociale e i suoi album un susseguirsi di rimandi alla storia, la cultura, il cinema, ma, soprattutto, ai problemi della società. Il compito che segue è dei più difficili, ma abbiamo provato a classificare tutti gli album di Caparezza dal peggiore al migliore.

8. ?!

Il primo album in studio di Caparezza segna un passaggio fondamentale nella carriera del rapper molfettese, che si disfa della maschera di Mikimix, indossando per la prima volta quella di un personaggio buffo e riccioluto, ma con tante cose da dire. ?! è sicuramente un album acerbo e difficile da ascoltare in un periodo come quello che stiamo vivendo in cui la produzione è alla base di un prodotto musicale, ma sicuramente troviamo l’embrione di tutta la poetica che Caparezza porterà avanti a spada tratta per tutta la sua carriera. Tutte le tracce sono una denuncia verso quella società che tanto disprezza, fatta solo di apparenza e brutalità, il tutto in chiave hip hop old school. Anni dopo Caparezza disconoscerà in parte questo lavoro figlio di una formazione intellettuale ancora giovanile, ma brani come Tutto ciò che c’è, Mea Culpa e La fitta sassaiola dell’ingiuria rimangono delle vere e proprie perle.

7. Prisoner 709

Il settimo album, Prisoner 709, è sicuramente il lavoro più oscuro ed intimista di Caparezza, dovuto ad una crisi interiore che ha attraversato a causa anche del disturbo dell’acufene che lo affligge dal 2015. Il disco è un concept album basato sull’idea che egli sia rinchiuso in una prigione, metafora di una dimensione mentale asfissiante, e traccia dopo traccia scopriamo il processo che lo porta ad evadere da questa. Il sound generale si distacca dai lavori precedente aprendo la strada ad una nuova fase della carriera di Caparezza, molto più riflessiva e meno teatrale. La crescita, anche anagrafica, del rapper è palese e di conseguenza Prisoner 709 è un album difficile da capire e da apprezzare, ma che porta l’ascoltare su un piano di coinvolgimento con l’artista molto più elevato.

6. Museica

Il più grande successo commerciale della seconda parte di carriera di Caparezza prende il nome di Museica, album completamente ispirato al mondo dell’arte. Ogni traccia fa infatti riferimento ad un quadro, andando a creare un percorso artistico che unisce musica e pittura, in una sorta di museo interattivo. Caparezza è in stato di grazia dal punto di vista testuale, ma il disco, anche a causa del complesso filo conduttore alla base, ha diversi momenti di smarrimento. Museica a tratti rischia di essere un album pretenzioso ed elitario e proprio come avviene in un museo di arte moderna, l’ascoltatore può rimanere spaesato e non cogliere i tanti simbolismi.

5. Habemus Capa

Il terzo album di Caparezza è da lui stesso definito «il più politico, quindi un suicidio», ma anche il suo primo concept album. Partendo dall’ultima traccia del lavoro precedente, Jodellavitanonhocapitouncazzo, dove Caparezza idealmente moriva, Habemus Capa è basato sull’idea della sua risurrezione in forme diverse traccia dopo traccia. Questo disco meriterebbe una posizione in classifica più alta, ma ha un problema strutturale insuperabile. Se la prima metà è infatti un susseguirsi di capolavori come La mia parte intollerante, Dalla parte del toro e Torna Catalessi, la seconda è veramente debole, tempestata di tracce dai testi cervellotici e dal sound poco digeribile.

4. Exuvia

L’ultima fatica in ordine cronologico di Caparezza prende il nome di Exuvia ed arriva dopo quattro anni dal precedente Prisoners 709, del quale è anche il seguito artistico. Il rapper è fuggito dalla prigione in cui risiedeva e scappa in una foresta, proprio come Dante nella selva oscura. Qui egli ripensa a tutta la sua carriera e alla sensazione di inadeguatezza che ormai prova nel rivestire il suo pesante personaggio, fino alla fine di questo viaggio dove compie la sua Exuvia, lasciando alle spalle la sua precedente forma come fanno gli insetti. È un album profondamente intimista, ma a differenza del precedente di più facile fruizione, poiché lascia intravedere una via d’uscita alle difficoltà della vita e, probabilmente, un futuro totalmente nuovo per Caparezza.

3. Il sogno eretico

Caparezza ci porta nella sua particolare visione del Medioevo grazie al suo quinto album, Il sogno eretico. Proprio come gli eretici che cita nella title track, il rapper, con continui rimandi alla cultura cavalleresca, propone la sua idea di rivoluzione, grazie ad una scrittura tagliente come non mai e un sound potente ed aggressivo. Ne La fine di Gaia critica i complottisti, in Goodbye malinconia parla della fuga dei cervelli, ma è in brani come Legalize the Premier e Non siete Stato voi, forti invettive sulla classe politica italiana, che il disco raggiunge i suoi apici. Quindici tracce che sono praticamente tutti singoli, rendono questo album il più eterogeneo della carriera di Caparezza e lo posizionano sul gradino più basso del podio. 

2. Le dimensioni del mio caos

Medaglia d’argento per quello che è, ad oggi, il lavoro più transmediale della carriera di Caparezza. Definire Le dimensioni del mio caos come un semplice disco è riduttivo. Lo stesso autore lo definisce come un fotoromanzo sonoro con alla base una trama molto complessa, dei personaggi come Ilaria, una ragazza del 1968 catapultata ai giorni nostri o Luigi delle Bicocche, lavoratore precario. Un’opera quindi che ha alla base una struttura molto elaborata, accompagnata da una scrittura forte dal punto di vista sociale, trattando tematiche come le morti sul lavoro e l’inquinamento. In tal senso, Eroe, Vieni a ballare in Puglia e La grande opera sono pezzi fondamentali per la discografia dell’artista pugliese.

1. Verità supposte

“Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”. Così si apre Verità supposte, secondo lavoro di Caparezza che è sì il più difficile, ma anche il migliore della sua carriera. Con questo disco l’Italia scopre questo strano personaggio dalla folta chioma riccia che si differenzia nello stile musicale e nei testi da tutti i precedenti rapper che avevamo conosciuto dalle nostre parti. Temi come l’emigrazione, il razzismo e la guerra non erano mai stati trattati in maniera così pungente e con un uso delle rime tanto elaborato. E pensare che tutto è nato da un grande fraintendimento, ovvero quello di Fuori dal tunnel, brano che critica la società del divertimento, ma che divenne un mega successo ballato in tutte le discoteche. A conti fatti, un equivoco che ha portato al grande pubblico un artista straordinario.