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“Music of the Spheres” dei Coldplay è perfetto per gli alieni

Ce lo avevano preannunciato in tutti i modi possibili. Da TikTok strizzando l’occhio alla gen Z, passando per Instagram con accattivanti teaser, fino a scalare classifiche streaming e radiofoniche con Higher Power. Il messaggio è arrivato forte e chiaro: i Coldplay sono tornati. Music of the Spheres è il risultato di un atteso e coloratissimo comeback, un viaggio oltre le barriere terrestri, scandito in dodici tracce di incontri ravvicinati del terzo tipo. Una continua ricerca ed esplorazione del nuovo, fluttuando nello spazio alla scoperta di pianeti ancora sconosciuti al genere umano: nove corpi celesti, tre satelliti naturali, una stella ed una nebulosa, ognuno identificato da una traccia dell’album. Chris Martin e soci ci guidano sapientemente in un’inaspettata avventura interstellare che è un vero tuffo nell’ignoto. Una metafora che ben si adatta all’impresa musicale in cui anche stavolta i Coldplay hanno deciso di cimentarsi.

Che non volessero essere uguali a se stessi era chiaro da Viva la Vida in poi e da allora di strada ne hanno fatta. Sembra proprio che Chris Martin voglia riscoprirsi e farsi scoprire in una veste ogni volta diversa. No, le t-shirt eco e colorate a mano sono sempre le stesse. È l’attitude ed il sound che di volta in volta vengono plasmati ora in una forma intima e preziosa, ora in un’esplosione estroversa di coriandoli, e ancora in un qualcosa di inesplorato e distante fisicamente dalla propria comfort zone. L’intro omonima dell’album crea l’immaginario di un Chris esperto astronauta che accompagna il principiante in uno spazio privo di gravità, provando a mantenere l’equilibrio tra emoticon heart/star shaped (gli stessi che compongono la tracklist) e un sound che non tradisca l’effettiva inesperienza nel nuovo ambiente. La band britannica scandaglia nuove forme di vita musicali e non, accompagnandosi furbamente da chi, come loro, il mondo terrestre l’ha già conquistato come i BTS e Selena Gomez, figli di una generazione lontana anni luce da quella dei primi Parachutes e A Rush Of Blood To the Head. My Universe, per intenderci quella con la band coreana, sa già di astuto successo pop internazionale e di esplosione scenografica live; al contrario, Let Somebody Go è l’intimo angolino che Chris Martin si è ritagliato con la Gomez, probabile pezzo di punta per neofiti che risente dell’incisiva collaborazione con la band del produttore Max Martin, noto ai più per essere il dietrolequinte di successi internazionali di Katy Perry, The Weeknd e Taylor Swift

Uno squarcio nel buio inesplorato del sistema stellare è People of the Pride: chitarre energiche che richiamano i primi Muse e i Kasabian all’apice del successo (Shoot the Runner viene quasi da cantarla in alcuni punti). A Byutiful, un inaspettato faccia a faccia con l’alieno, che assume le sembianze di una soft indietronica a là Passion Pit, privata però della carica trascinante dei primi anni Dieci. La chiusura dell’avventura fluttuante è affidata ad un infinito strumentale, che dopo tanto vagare nell’ignoto, sembra riportare i Coldplay con i piedi ben saldi a terra. Music of the Spheres è un concerto di musica “altra” per pubblico alieno. Ridondante ribadire il concetto evolutivo dei Coldplay e della sua platea. Lo scopo di questo viaggio tra pianeti sconosciuti non è immediato; farà storcere il naso a molti ma probabilmente, una volta definito il prima e il dopo, il progetto interstellare assumerà il senso ed il valore che gli spetta.